Suore dell'Immacolata

Vestizione 2

PER LA VESTIZIONE RELIGIOSA

DI DUE SORELLE NEL CONSERVATORIO DI SAN BERNARDO

(1861)

Quando il Signore volle dare ad Abramo, suo fedelissimo servo, una prova dell’amore ardentissimo che nutriva verso di lui, eleggendolo capo e patriarca del popolo a lui prediletto, sapete voi, dilettissime figlie, che fece? Gli comandò un bel giorno di lasciare i suoi congiunti, di uscire dalla casa di suo padre, di abbandonare il suo paese e di portarsi in quel luogo, in quella terra ch’Egli stesso gli avrebbe indicato: « Lascia la tua parentela, esci dalla casa di tuo padre, e vieni nella terra che ti mostrerò ».

Non altrimenti fece con voi, carissime figlie, il nostro clementissimo Iddio. Voi eravate, quiete e tranquille, in seno alla vostra famiglia, con le vostre buone sorelle e la vostra cara madre; vi amavate con schietto vicendevole amore e, mentre disimpegnavate i doveri domestici, non tralasciavate di adempiere quelli che vi imponeva la religione, sapendo benissimo trovar tempo anche per l’anima vostra. Ma Dio, che vi amava con amore di predilezione, non era pago: voleva da voi un sacrifìcio maggiore. Quindi, sia che Egli abbia risvegliato in voi quel seme di grazia, che forse già da gran tempo vi aveva posto chetamente in fondo al vostro cuore; sia che vi abbia fatto udire ad un tratto alcuna di quelle sue voci, soavi e potenti insieme, che attraggono a Sé, irresistibilmente, la volontà, come la calamita attrae il ferro, così un giorno Dio invitò anche voi a dare addio, a somiglianza di Abramo, alla casa di vostro padre, a lasciare i vostri congiunti, a dividervi dai vostri più cari ed a recarvi nella terra ch’Egli vi avrebbe mostrato.

Voi fortunate, che sapeste, come Abramo, il più grande dei patriarchi, corrispondere con pronta e generosa risoluzione, alla voce divina, come ancor oggi vi corrispondete, con l’attuale vostra adesione al celeste invito. Voi, seguendo la divina chiamata, seguiste Dio da vergini sagge e prudenti, ed Egli già vi mostrò la terra felice che doveva formare il vostro soggiorno: vieni alla terra che ti mostrerò; terra che già voi possedete di fatto ed abitate da più di un anno. Vi costò, è vero, non poco la risoluzione di seguire il Signore. L’amor sincero che vi legava, tra sorelle e sorelle, il te-nerissimo affetto che vi legava alla vostra mamma, era per voi una doppia catena che vi stringeva fortemente il cuore: ma Dio, che vi voleva fuori della casa paterna, vi diede la forza di vincere e voi vinceste, superaste i vincoli della natura e del sangue, deste l’ultimo addio alle amate sorelle, alla madre diletta, ai congiunti, agli amici e partiste, intrepide, dalla casa di vostro padre, con meraviglia di chi aveva altri disegni sopra di voi, e qui vi recaste, in questo sacro e venerando recinto di S. Bernardo, ove Gesù vi attendeva per compensarvi, col cento per uno, quel po’ di amarezza che doveva recarvi l’acerbo distacco dai vostri parenti.

E già sperimentaste quanto sia dolce servire il Signore! Ma ditemi, non riflettete mai alla singolarità della grazia che Iddio vi fece nel chiamarvi alla religione, nello scegliere voi fra tante altre vergini per condurvi in questa terra di benedizione? E’ questo l’argomento su cui io voglio, stamane, richiamare, per un momento, il vostro pensiero; voglio cioè, che consideriate quanto sia grande, quanto ineffabile, la grazia della vocazione religiosa che Dio vi accordò, affinché grande e perenne sia la vostra riconoscenza verso di Lui.

Udite, dunque, con attenzione. A conoscere bene e a lodare un beneficio, che ci venga accordato, io credo che non vi sia mezzo più idoneo di quello di considerarlo negli effetti che da esso derivano, come da propria fonte, a vantaggio di chi lo possiede; infatti l’effetto è sempre la miglior prova della sua causa. Considerate, dunque, quali siano i beni, i privilegi, i favori che si godono nello stato religioso, perché possiate agevolmente comprendere quanto esso sia eccellente e quanto preziosa sia la grazia che Dio vi fece nel chiamarvi a questo stato. S. Bernardo, enumerando i grandi beni dello stato religioso, li descrive così. « Santa è la religione, dice egli, perché in essa l’uomo vive più puro, cade più di rado, si rialza più velocemente, cammina più cauto, è irrorato più frequentemente da celeste rugiada, riposa più sicuro, muore più sereno, si purifica più presto e più abbondantemente è rimunerato ».

Esaminiamo ora un po’, brevemente, ad uno ad uno, questi grandi detti dell’inclito S. Bernardo, e vedendo i grandi tesori che in essi si contengono, potrete comprendere quanto si deve stimare felice quell’anima, che viene chiamata da Dio a parteciparne.

La persona religiosa, dunque, vive con maggior purezza che le persone del mondo. Qui, per purità non s’intende solamente la purezza del corpo e della mente, ma s’intende principalmente la purità delle opere, la quale consiste nel fare le cose solo per piacere a Dio. Nel mondo, le persone, anche pie e timorate, per lo più operano per impulso della loro propria volontà; fanno, a mo’ d’esempio, orazione quando vogliono, si comunicano quando a loro piace, ascoltano la S. Messa, leggono un libro devoto, recitano il Rosario, praticano qualche altra devozione, sempre a loro piacere; perciò le loro opere, quantunque buone e sante in se stesse, spesse volte, sono meno accette a Dio, perché sempre determinate dalla propria volontà.

Le religiose, invece, non operando che per obbedienza e non essendo l’obbedienza altro che la manifestazione della volontà di Dio, ne segue che le opere loro sono sempre conformi ai divini voleri e quindi sempre accette a Dio e sempre a Lui care. Le religiose essendo persone consacrate, non meritano solamente quando fanno orazione o altre azioni spirituali, ma meritano anche nelle stesse azioni indifferenti, come nel faticare, nel camminare, nel cibarsi, nel ricrearsi, nel parlare, nel riposare; perché facendo tutto, non per volontà propria, ma per ubbidienza, in tutto fanno la volontà di Dio. Quanto perciò sono pure le opere d’una religiosa!

La religiosa cade ancor più raramente di un secolare. Si sa quanti siano i pericoli del mondo che ci inducono in qualche mancanza: i rispetti umani, i mali esempi, le conversazioni cattive, sono grandi incentivi per allontanarci da Dio; ma da tutto questo è lontana la persona religiosa. Ella vive in mezzo a buone Consorelle, non vede che esempi di virtù, non ode che discorsi di paradiso e se l’aria del mondo, dice S. Ambrogio, è un’aria infetta e nociva per l’anima, e chi la respira cade facilmente in peccato, l’aria delle case religiose è un’aria di santità che preserva dalla colpa. Non per questo io voglio dire che la religiosa, nel suo monastero, divenga impeccabile. So bene che anche qui si può mancare, perché la nostra debolezza ci accompagna dovunque; ma se, per disavventura, la persona religiosa viene a cadere in qualche difetto, si rialza, almeno più prontamente, dalla colpa, perché, in religione, ella ha maggiori aiuti e maggiori conforti. La confessione frequente, la meditazione continua, in cui le si rappresentano al vivo le verità rivelate, i buoni esempi delle compagne, le riprensioni delle Superiore: sono tutti mezzi potenti che la spingono ad una pronta emendazione. Nel mondo invece, se uno cade in peccato difficilmente trova chi, con carità, lo avverte e lo corregga e, quindi, resta facilmente a lungo nella sua propria caduta.

Cammina poi più cautamente nella via della virtù, perché come i secolari, vivendo in mezzo al mondo, hanno molti argini ed ostacoli a fare il bene, così, al contrario, le religiose nei sacri recinti, hanno molti mezzi che le trattengono dal fare il male. La vigilanza delle Superiore, l’esemplarità delle Consorelle, i sacri quadri che incontrano, quasi ad ogni passo e in ogni lato del monastero, il Crocifisso su cui fissano, così spesso, gli occhi, i pensieri e gli affetti; le devote letture con cui nutrono, quasi ad ogni istante, la loro mente: sono tutti stimoli al loro cuore, tutti impulsi efficacissimi al loro spirito, che, quanto più la sospingono alla pratica delle cristiane virtù, altrettanto l’allontanano dalla strada del vizio. Che se talvolta il Signore permette che anche le anime a Lui consacrate esperimentino la loro debolezza, cadendo in qualche venialità, queste piccole colpe non pregiudicano affatto la buona religiosa, la quale anzi, prendendo da questo motivo di umiliarsi e confondersi dinanzi a Dio, le converte a proprio spirituale profitto, verificandosi in lei quel detto di David: « Se il giusto cade non si fa male, perché il Signore lo sostiene con la sua mano ».

Ma non basta ancora. La religiosa è innaffiata dal cielo più spesso con celeste rugiada. Chi può dire, infatti, i lumi superni, le dolcezze spirituali, le voci d’amore, con cui va Gesù coltivando nei chiostri le predilette sue spose? Io penso che, se le persone del secolo, potessero gustare una sola parte di quelle consolazioni di spirito che, a quando a quando, provano le buone religiose nella ritiratezza e nel silenzio del loro sacro recinto, le cambierebbero, molto volentieri, con tutte le loro soddisfazioni mondane. L’orazione devota, la Comunione frequente, l’udire spesso la divina parola, il raccoglimento, la solitudine, sono i canali per cui questa felice rugiada infonde nell’anima le spirituali dolcezze.

Le religiose sono piante felici, poste in terra fertile, su cui abbondantemente discende la rugiada del Cielo. Quindi la persona in religione riposa tranquilla, più d’ogni altra secolare. Qui, lontana dalle brighe mondane, non tende che a servire Dio e perfezionare se stessa, e in questo ella trova quella pace che, al dire di S. Paolo, supera tutti i piaceri che dilettano i sensi; quella pace che non può avere chi vive nel mondo, pace che forma la vera contentezza del cuore e fa provare anticipato un saggio di paradiso. Niente turba una buona religiosa, poiché ella gode delle stesse sue privazioni. Sa che questa terra è luogo di meriti e perciò dev’essere ancora luogo di patimenti; quindi le umiliazioni, i disprezzi, le ingiurie, i disgusti, le mortificazioni, le abnegazioni della sua volontà, sono per lei altrettante delizie, e volentieri le abbraccia, pensando che, con queste, ella dà gusto e piacere a Dio, e che, patendo con pace, con la coscienza tranquilla, con l’anima in grazia, ogni sua pena diventerà, un giorno, una gemma di quella corona, che le splenderà sulla fronte nella regione dei Beati. Chi può trovare nel mondo persona più contenta e più felice della religiosa?

E’ per questo che la buona religiosa muore con più confidenza che le persone secolari: moritura confidentius. Perché in morte non consola l’essere vissuti con più comodità, con più grandezze, con più soddisfazioni, in mezzo ad onori, circondati da amici e congiunti, ma consola l’essere vissuti distaccati, col cuore, da tutto; dalla casa, dai parenti, da ogni bene terreno; consola l’avere pienamente osservata la legge e imitato gli esempi di Gesù Crocifisso. Aggiungete che chi rende amara la morte non è che il peccato: togliete dall’anima il peccato, e la morte non apparirà più spaventosa, ma dolce e cara, come quella che è fine al possesso della beatitudine eterna.

La persona religiosa, entrando in religione, dice S. Tommaso, consegue, dalla divina Bontà, l’intero perdono di tutte le colpe che potesse aver commesso nel secolo e di più la remissione di tutta la pena dovuta alle colpe medesime, per il grande atto d’amore che fa il darsi tutta al servizio di Dio. La sua morte, dunque, non può essere che piena di grande confidenza.

Lo so che anche la religiosa, dopo la sua entrata in religione, può nuovamente contaminarsi con qualche difetto, ma nel suo stato, viene da questi purificata assai più presto che se fosse nel secolo; sia, mentre ella vive sulla terra, mediante le opere pie di orazione, di Comunione, di mortificazione, di astinenze che da essa si praticano tutto il giorno, sia nel Purgatorio, dopo morte, mediante i molti sacrifici, le fervide preci, i suffragi molteplici che per lei vengono offerti tanto dalla Comunità in generale, come dalle sue Consorelle in particolare.

Nel mondo, i poveri morti vengono presto dimenticati: alcune lacrime si spargono dai più stretti parenti nel giorno della loro dipartita; alcune altre nel giorno dei loro funerali, qualche sospiro si dà nelle visite di condoglianza dagli amici: ma poi d’ordinario tutto è finito; chi è morto è morto, e chi è in Purgatorio vi resta; ma nella religione e nei monasteri, non è così. Qui dalle buone religiose non si lascia di pregare, di far celebrare e di ascoltare Sacrifici, di offrire Comunioni, di fare Via Crucis, ed altre opere buone per suffragare le anime delle loro trapassate sorelle; e con questi abbondanti suffragi, quelle fortunate, se per disavventura si trovassero ancora in Purgatorio, vengono presto liberate dalle loro pene e volano trionfanti in Paradiso.

Chi sa dire con quale retribuzione paghi il Signore, a queste anime benedette tutti i sacrifici, le mortificazioni, le penitenze che fecero in vita per suo amore? Certo è che, se la gloria del Cielo non è un regalo, ma una ricompensa che Dio dà ai fedeli suoi servi in proporzione dei loro meriti, la persona religiosa ne partecipa abbondantemente, più d’ogni altra perché sono più abbondanti i suoi meriti, essendo più numerose le opere buone e le azioni virtuose che praticò in vita sua. E non può essere altrimenti. Infatti Gesù Cristo stesso ha promesso nel suo Vangelo che chiunque lascerà la sua casa, i suoi parenti, i suoi amici per amore suo, riceverà il centuplo in questa vita in consolazioni spirituali e dolcezze ch’Egli le comunicherà; e nell’altra vita riceverà l’abbondanza della gloria di cui lo colmerà nel Cielo.

Questa promessa, specialmente in Paradiso si mantiene e si adempie a rigor di termine da Cristo Signor nostro, come affermò un fratello della Compagnia di Gesù, il quale, comparendo ad una pia persona dopo morte, le disse che tanto lui come Filippo II, re di Spagna, si erano già salvati, ma con questa differenza: quanto maggiore di lui, umile fraticello, era stata la grandezza di Filippo in questa terra, altrettanto più grande di quella di Filippo era la gloria ch’egli godeva in Paradiso.

Ora che dite voi, mie sorelle, alla vista di tanti beni che si godono nella religione? Non vi pare che Iddio vi abbia fatto un grazia specialissima, usato un amore particolarissimo nel chiamarvi allo stato religioso, per cui possiate voi dirvi benedette? Se i mondani conoscessero i grandi beni, le contentezze, i vantaggi della vita religiosa, nessuno, dice S. Lorenzo Giustiniani, resterebbe nel mondo, ma correrebbero tutti nel monastero per farsi religiosi. Oppure, dice S. Scolastica, tutto il mondo diverrebbe un solo monastero, un solo convento. E poiché Dio sapientissimo non vuole che tutti gli uomini divengano religiosi, così, ad arte, continua il citato Giustiniani, nasconde loro i grandi privilegi e i distinti favori dello stato religioso. Se è così, io dico, hanno ragione i maestri di spirito quando, di comune accordo, asseriscono che la vocazione religiosa è la grazia più singolare che possa fare il Signore ad un’anima, dopo il Battesimo.

Voi dunque, fortunate, carissime figlie, perché vi toccò in sorte la bella grazia, e vi toccò a preferenza di tante altre fanciulle che pur la bramerebbero, e sono tuttavia costrette a rimanersene nel secolo. Ringraziate il Signore di tanto specialissimo amore che volle mostrarvi e la vostra riconoscenza sia perenne, sia eterna. E poiché l’amor divino, secondo l’insegnamento dell’Evangelista S. Giovanni, non deve consistere solo in belle e semplici parole, ma in azioni virtuose: « Filioli, non diligamus verbo neque lingua, sed opere et veritate »; giacché le opere, dice S. Gregorio, sono la prova incontrastabile dell’amore, così fate che la vostra riconoscenza verso Dio, sia dimostrata da opere sante e religiose.

Fate in modo che la vostra vita sia un continuo intreccio di virtù e di santità. Siate sempre umili e pazienti in ogni circostanza; docili e affabili nelle parole e nel tratto con chiunque; ubbidienti e rispettose ai vostri Superiori; assidue all’orazione; amanti del ritiro e del silenzio; pronte alla Chiesa; fervorose, devote, care a Dio e alle vostre Consorelle. Così facendo voi mostrerete coi fatti d’essere grate al Signore per il favore ricevuto della vocazione religiosa, e potrete godere tutti quei beni, di cui, come dicemmo, è ricco il vostro stato in questa e nell’altra vita.

Amen.