Segni ricevuto Spirito

 

Dai loro frutti li riconoscerete

Dal brano del Vangelo di S. Matteo: 7, 17; 20

17  «… Sic omnis arbor bona fructus bonos facit,
20 mala autem arbor fructos malos facit… Igitur ex fructibus eorum cognoscetis eos».

SEGNI DI AVER RICEVUTO LO SPIRITO SANTO

È ovvio, mie Suore, che, dopo esservi disposte a ricevere lo Spirito Santo nel modo che vi ho suggerito nell’ultima mia istruzione, bramiate ora sapere se l’abbiate realmente ricevuto, se cioè questo divino Spirito abiti in voi e vi abbia fatto partecipi dei preziosi suoi doni, se vi abbia cioè comunicato il dono del timor di Dio per cui sentiate un santo orrore a tutto ciò che può essere a Lui di disgusto; se vi abbia dato quello della pietà che vi porti ad adorare devotamente Dio, a venerare i suoi Santi e ad essere benevoli verso i vostri prossimi, aiutandoli nei loro bisogni, sia di anima che di corpo; se vi abbia dato quello della scienza per cui possiate conoscere ciò che dovete praticare e ciò che dovete fuggire per camminare con sicurezza nella via della santità; se quello della fortezza perché possiate superare tutti gli ostacoli e le difficoltà che si incontrano nel cammino della perfezione cristiana; se quello del consiglio perché possiate, nei dubbi, scegliere sempre ciò che più contribuisce alla gloria di Dio e alla vostra santificazione; se quello dell’intelletto per cui vi possiate innalzare fino alla contemplazione e giungere a penetrare ed intendere i divini misteri ed infine se avete ricevuto quello della sapienza col quale l’anima, chiaramente conoscendo la vanità dei beni terreni e la grandezza di quelli celesti, nauseata dei primi e innamorata dei secondi, non può trovar gusto se non nelle cose di Dio.

Buonissime cose voi mi chiedete, devotissime Suore, ma come farò io a soddisfare i vostri desideri? Troppo difficile è, per me, rispondere a tali richieste. Per non lasciarvi però del tutto digiune, mi servo di una similitudine che Gesù Cristo porta in S. Matteo, ove dice che dai frutti si può conoscere la qualità dell’albero. Ora, se voi avete i frutti che produce lo Spirito Santo, potete credere che Egli abiti in voi e che siete partecipi dei suoi doni ineffabili.

I frutti dello Spirito Santo sono i principali effetti che Egli produce nell’anima in cui ha posto la sua dimora. L’Apostolo Paolo, nella sua lettera ai Galati, ne enumera dodici: la carità, il gaudio, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la longanimità, la mansuetudine, la fedeltà, la modestia, la continenza e la castità. Parliamo dunque oggi di questi frutti celesti e voi conoscerete se, in verità, avete ricevuto lo Spirito del Signore e se Egli abita in voi.

La carità verso Dio e verso il prossimo è il primo frutto che lo Spirito Paraclito produce nel cuore di chi lo riceve: « Caritas – ce ne assicura S. Paolo – diffusa est in cordibus nostris per Spiritum Sanctum, qui habitat in nobis ». Quando, pertanto, sentite ardere in voi questa fiamma di paradiso che vi porta a Dio e lo amate in modo tale che ne rispettate e adempite con ogni esattezza i precetti e i suoi divini voleri anche negli ordini e nelle disposizioni di chi lo rappresenta qui sulla terra, cioè dei Superiori, sacrificando a Lui ogni vostro desiderio contrario, quando il vostro cuore si rallegra e gode che Dio sia infinitamente grande, infinitamente buono, santo, perfettissimo, quando voi cercate che sia da tutti santificato il suo Nome promuovendo, per quanto vi è possibile, la sua maggior gloria, quando, estendendosi la vostra carità verso il vostro prossimo, voi fate per esso e bramate che per esso sia fatto tutto ciò che bramereste fosse fatto per voi stesse, quando, in caso di necessità, tanto dell’anima come del corpo, prestate ad esso tutti quegli aiuti che avreste piacere fossero prestati a voi, allora potete dedurre che lo Spirito Santo abita in voi e che vi ha arricchito dei suoi preziosi doni.

Se, al contrario, voi foste di coloro che non sanno trovar gusto e sollievo che nei passatempi e nelle distrazioni; che, per assecondare la propria inclinazione non hanno difficoltà alcuna a contraddire agli ordini dei loro Superiori e causare disgusto a Dio; che, tanto sono compassionevoli verso se stesse altrettanto sono dure e insensibili con le loro simili, la carità del Padre, cioè lo Spirito Santo, dice S. Giovanni, non è in voi, perché chi pecca non è da Dio, ma dal diavolo.

Il secondo frutto dello Spirito Santo è il gaudio che nasce dalla buona testimonianza di una vita tranquilla e di una coscienza monda dalla colpa, cioè libera dal male e da sregolate inclinazioni. Questo è un gaudio così pieno e perfetto, che rende dolce e soave, alle anime giuste, quanto vi può essere di più amaro nella vita mortificata e cristiana; gaudio che bandisce dal cuore la malinconia e fa che serviamo Dio con giubilo ed allegrezza; gaudio, infine, che disprezza le vane ragioni e i falsi piaceri del mondo e, mentre le consolazioni terrene vanno a finire in tristezza, esso si conserva inalterabile anche in mezzo alle pene ed ai tormenti. Testimoni ne sono tanti martiri i quali, sebbene aspramente battuti e crudelmente stirati sopra gli aculei o gettati nel fuoco, esclamavano: «Quanto è soave, o Signore, il patire per voi!». Testimoni ne sono pure tanti penitenti, ai quali macerare il proprio corpo con le più dure austerità e piangere i propri traviamenti con amare lacrime riusciva più dolce e soave di tutti i godimenti della terra.

Il terzo frutto dello Spirito Santo è la pace: quella pace che annunziarono gli Angeli agli uomini di buon volere quando apparve sulla terra il Neonato Figlio di Dio; quella pace che Gesù, Risorto da morte, lasciò ai suoi cari Apostoli: « Pacem relinquo vobis »; quella pace che supera ogni cosa, dice S. Paolo, e la cui soavità non si può conoscere se non da coloro che la gustano; quella pace che provano le anime giuste le quali, dopo aver mortificate le proprie passioni, godono una meravigliosa tranquillità di spirito nella grazia e nell’amicizia di Dio, di cui sono fatte partecipi e in cui felicemente riposano. Pace sì soave e sì dolce che, ebbe a dire S. Ambrogio, se Dio non avesse promesso altro premio che tale pace a chi opera il bene, dovrebbe ognuno affaticarsi per ottenerla. Pace che non può mai godersi da chi non frena le tumultuose passioni e sparge intorno a sé segni di iniquità e di peccato: «Non vi è pace per gli empi», dice il Signore.

Il quarto frutto che produce nell’anima lo Spirito Santo è la pazienza, mediante la quale noi sopportiamo con rassegnazione costante non solo le avversità, le persecuzioni, le infermità che ci accadono in questa valle di pianto e tolleriamo non solo certi modi di comportarsi del nostro prossimo, che sono contrari al nostro temperamento, ma tolleriamo anche gli stessi nostri difetti, cioè quelle imperfezioni che non possiamo allontanare da noi, essendo esse come una conseguenza della nostra incostanza di umore, di volontà e di desideri e che producono in noi noia e suscettibilità.

Il quinto frutto è la benignità, la quale rende l’uomo cortese e affabile con tutti, sia nelle parole che nelle opere. «Le persone non devono essere mai scontrose» -dice S. Paolo scrivendo agli Efesini – e raccomanda loro di essere vicendevolmente benigni col loro prossimo. Chi non ha buon tratto, chi non sa mai dire due parole dolcemente, dimostra di non avere in sé lo Spirito Santo il quale, nel Libro della Sapienza, è chiamato santo, soave, benigno ed umano. La benignità è la virtù di cui i Santi erano tanto favoriti, che avevano un animo così buono e un cuore così ben disposto che, quando erano obbligati a fare ai loro prossimi qualche rimprovero, cercavano di usare le più soavi maniere per renderlo meno disgustoso. Quanto è bella la santa ed amorevole benignità! È cosa proprio dolce e dilettevole trattare con persone che, al buon carattere, aggiungono questa grande virtù.

Il sesto frutto dello Spirito Santo è la bontà, quella virtù che ci rende pronti a giovare al prossimo, che ci porta a guardare tutti con affetto di benevolenza e a far del bene a tutti. Un grandissimo esempio di questa virtù ce lo dà di continuo il nostro Padre celeste, il quale fa nascere il suo sole sopra i cattivi e sopra i buoni e fa piovere sopra i buoni come sopra i peccatori. La vita di Gesù Cristo non fu un continuo esercizio di ammirabile bontà? Pare che Egli non sapesse fare altro che giovare a tutti non solamente in ciò che riguardava la salvezza dell’anima, ma anche in ciò che concerneva il bene del corpo. Anche noi dobbiamo studiarci di praticare questa bontà come fece il serafico S. Francesco il quale, sebbene si fosse volontariamente ridotto ad una grandissima povertà per amor di Dio, ciononostante aveva un cuore così tenero per i bisognosi che faceva parte ad essi di quel poco che accattava per il suo sostentamento, amando di soffrire lui stesso fame, nudità e sete per poter soccorrere i poverelli.

La longanimità è il settimo frutto del divino Paraclito, per il quale intende una grande sopportazione nelle tribolazioni, sostenuta dalla speranza della vita eterna. Essa aggiunge alla pazienza una certa magnanimità, per cui non solamente si soffre il male per il desiderio di conseguire qualche bene, ma non viene mai meno il coraggio né la risoluzione di patire, anche quando ci si veda lontani dal bene sperato. Un esempio mirabile di questa virtù ce la presenta la vergine Santa Liduina la quale, colpita da penosissima infermità, stette per trentotto anni continui inchiodata su un letto di acerbissimi dolori senza mai lamentarsi, che anzi, con la sua serenità serviva di conforto agli afflitti.

L’ottavo frutto che nelle anime produce lo Spirito Santo è la mansuetudine, virtù mediante la quale le anime buone, quantunque provocate, comprimono ogni risentimento, tollerano di essere maltrattate per amore di Dio e non si lamentano degli affronti ricevuti. Questa virtù ce l’insegna continuamente Dio stesso nel perdonare tante volte e con tanta facilità, sebbene grandemente da noi provocato con gravissime offese. Gesù vuole che la impariamo da Lui, il quale la praticò in grado così eroico che, quale mansuetissimo Agnello, soffrì strapazzi, ingiurie e villanie, senza mai emettere un lamento: da tale modello divino appresero la mansuetudine tutti i Santi. Noi pure dobbiamo averlo sotto gli occhi per imitarlo, se vogliamo che in noi abiti lo Spirito divino. Ora mie Suore, ditemi se hanno la mansuetudine coloro che si offendono di tutto, di ogni parola, di ogni gesto, che per ogni leggero scontro si alterano, si risentono e non finiscono più di fare querele e lamentele contro chi le ha offese. Eppure la mansuetudine è un dono della ricchezza di Dio e dello Spirito Santo.

La fedeltà, per mezzo della quale l’uomo si mostra fedele nel mantenere le promesse fatte al suo prossimo, è il nono frutto del divino Spirito. Lo Spirito Santo è spirito di verità e, di conseguenza, non tollera la lingua fraudolenta e bugiarda. Quando la fedeltà entra in un’anima, la rende vera e fedele, allontanando l’inganno e la frode.

Il decimo frutto è la modestia, che regola tutte le azioni esteriori del nostro corpo, ci insegna la disciplina nelle vesti, nel portamento, nelle parole, negli sguardi, nel riso; ci sollecita inoltre a far sì che ogni cosa sia sempre di edificazione al nostro prossimo e mai di scandalo.

L’undicesimo dono è la continenza, che conserva l’anima illesa fra le tentazioni e le seduzioni della carne non solo, ma anche da tutti gli altri vizi e passioni, contro i quali difende e fortifica l’anima. La continenza tempera l’ingordigia della gola, comprime l’impeto dell’ira, frena la maldicenza della lingua: in una parola, essa è come il compendio di tutte le altre virtù, per cui il Savio ne faceva tale stima che, non potendo acquistarla da solo, non cessava di chiederla istantemente a Dio.

Finalmente il dodicesimo frutto dello Spirito Santo è la castità. Questa è il giglio delle virtù e rende gli uomini simili agli Angeli del paradiso. Chi la pratica è un angelo, dice S. Ambrogio, mentre chi la perde diventa un demonio. Niente è bello senza di essa, dice S. Francesco di Sales, e i puri di cuore vedranno Dio nella gloria; i vergini, soggiunge S. Giovanni nella sua Apocalisse, sono quelli che formano il corteo dell’immacolato Agnello e lo seguono in tutti i suoi passi. Gli uomini stessi hanno grande venerazione per le anime caste e, quando essi cadono nel vizio opposto, proprio allora si sentono attratti dal soavissimo profumo della castità.

Eccovi, mie Suore, spiegati in breve i dodici mirabili frutti che produce lo Spirito Santo in chi lo riceve: se in noi si trovano questi frutti, se in noi arde nel cuore la carità verso Dio e verso il prossimo, se il testimonio della buona coscienza ci rende allegri nel Signore, se abbiamo pace con i nostri fratelli, se con pazienza sopportiamo le avversità e siamo benevoli con tutti, se a tutti procuriamo di giovare con la bontà, se con magnanimità non ci lasciamo scuotere da qualsiasi travaglio, se siamo mansueti e fedeli con tutti se, finalmente, risiederanno in noi la modestia, la continenza e la castità, potremo credere, e con ragione, di avere ricevuto lo Spirito Santo e che Egli ci abbia colmati dei suoi preziosi doni. Se però, al contrario, invece di queste sante virtù vi fosse in noi qualche vizio, se col nostro prossimo fossimo impazienti, scontrosi, duri, iracondi, non veritieri e cercassimo, nel nostro operare, la nostra propria soddisfazione e non il compiacimento di Dio, allora dovremmo certamente temere che non è con noi lo Spirito del Signore.

Esamini, dunque, ciascuno di noi la propria coscienza e chi trovasse in se stesso qualcuno dei vizi menzionati, lo tolga subito da sé e, con una penitenza, si renda propizio quel divino Paraclito che egli ha contristato con i suoi peccati onde, rimossi quegli ostacoli che lo tennero finora lontano da sé, discenda nell’anima sua con la grazia dei celesti suoi doni e produca in essa quei frutti preziosi di sante virtù, di cui abbiamo trattato finora.

Amen.