Suore dell'Immacolata

Padre nostro 1

 

COMMENTO ALLA PETIZIONE DEL PADRE NOSTRO:
«Dacci oggi il nostro pane quotidiano»

Quello che rende eccellente il «Padre nostro» e lo fa conoscere per un’orazione veramente divina è l’ordine mirabile che ci viene in essa proposto nel domandare le grazie a Dio. Ordine che perfettamente concorda con quanto Gesù Cristo ci aveva già insegnato nel santo Vangelo. In questo Gesù ci aveva detto in chiari termini che non bisogna essere troppo solleciti per le cose di quaggiù, cioè per i beni del corpo, ma che dobbiamo prima di tutto cercare il regno di Dio e la sua giustizia, e lasciare che le altre cose temporali vengano come di conseguenza.

Una cosa sola è necessaria: quella, cioè, di amare e servire Dio e di conseguire la salvezza eterna, ottenuta la quale resta più nulla da desiderare: porro unum est necessarium. Questa stessa cosa Gesù ci ripete anche nell’orazione del Pater noster. In essa, l’amabilissimo nostro Salvatore ci insegna a domandare al nostro e suo divin Padre anche le cose temporali necessarie per la vita presente, poiché tutto viene da Lui, però, dopo di averci fatto dapprima chiedere tutto ciò che riguarda l’onore e la gloria Sua e la santificazione e beatitudine eterna delle anime nostre. La domanda, pertanto, che in questa orazione Gesù ha insegnato a fare a Dio per le cose che riguardano la vita presente, ci viene espressa in quelle parole: «Panem nostrum quotidianum da nobis hodie», dacci oggi il nostro pane quotidiano.

Noi dobbiamo ora esaminare questa petizione, per vedere che cosa intende il divino Maestro quando ci sollecita a domandare all’eterno suo Padre: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Questo faremo oggi meditando su ciò che da questa domanda noi dobbiamo imparare a vantaggio delle anime nostre. Dobbiamo ricordare che i beni temporali di questa vita devono essere subordinati ai beni eterni, come mezzi a loro fine, per cui, nel domandare cose appartenenti all’uso della vita presente, dobbiamo aver l’animo rivolto a ciò che Dio esige da noi, né mai allontanarci da questo in cosa alcuna, altrimenti ci meriteremmo quella risposta che diede Gesù Cristo ai figli di Zebedeo: «Non sapete che cosa domandate».

Supposta questa verità, veniamo ora alla spiegazione delle parole: «Panem nostrum quotidianum da nobis hodie». Nelle divine Scritture, sotto il nome di pane vengono significate molte cose, ma nel nostro caso possiamo intenderne due. L’una è che, con questa domanda, chiediamo a Dio il vitto e le altre cose che riguardano il corpo e che ci necessitano per conservare la vita corporale; l’altra, che gli chiediamo quelle cose che riguardano la vita spirituale dell’anima e che ci sono necessarie pel conseguimento dell’eterna nostra salvezza. Dobbiamo, dunque, domandare a Dio il pane materiale, ossia tutto ciò che è necessario al nutrimento e al sostentamento del nostro corpo, ma solo al fine che, nutrito il corpo, questo possa servire all’anima e tutti e due insieme possano servire Dio e a guadagnarsi la gloria del cielo. Non sono da ascoltare coloro i quali dicono che non è lecito ai buoni cristiani chiedere a Dio le cose temporali e terrene, perché questo è un grave errore, condannato apertamente dalla Sacra Scrittura, dalla quale appare che il Patriarca Giacobbe, facendo voto a Dio, lo pregò di stare con lui, di custodirlo nel suo viaggio e di dargli pane da mangiare e vesti per ricoprirsi. Il Savio, nei suoi proverbi, chiede al Signore di non dargli né mendicità, né ricchezze, ma solamente quelle cose che sono necessarie per vivere. E ciò, perché Dio è la vera fonte di ogni nostro bene, tanto spirituale come temporale e se Egli non ce lo dà per sua misericordia noi, con tutte le nostre fatiche, non possiamo ottenere cosa alcuna.

Ma se è così, voi mi direte, perché Gesù Cristo ci ha insegnato a chiedere solo il pane, mentre per vivere abbiamo bisogno di tante altre cose? Risponde S. Agostino e dice che, sotto il nome di pane, s’intende tutto ciò che è necessario per conservare la vita, come le vesti per coprirci e il cibo per nutrirci. Difatti quando il Profeta Eliseo ordinò al re d’Israele che provvedesse il pane ai soldati Assiri, si legge che costui fece dare una grande abbondanza di diversi cibi. Gesù Cristo, poi, coll’insegnarci a domandare solo il pane, volle convincerci che dobbiamo essere contenti di poche cose e semplici, di quelle che siano veramente necessarie al vitto ed al vestito. Questo c’insegnò anche l’Apostolo Paolo nella sua prima lettera a Timoteo, dove ci lasciò scritto che, avendo ciascuno di noi da cibarsi e da vestirsi secondo il proprio stato, dobbiamo essere contenti. È tanto il desiderio dei beni materiali di questa terra, che sono manchevoli e caduchi, che se anche, senza cercarli, ci capitano in abbondanza, dobbiamo, secondo l’avviso dello Spirito Santo, star bene attenti a non porre in essi il cuore e a non attaccarci ad essi con l’affetto. E sapete perché? Perché i soverchi beni terreni sogliono esser sempre di grande ostacolo al conseguimento della vita eterna; motivo per cui il Salvatore del mondo, il Figlio di Dio fatto uomo, per indicare a noi la vera strada del cielo, si è scelto lo stato di vita più povero.

Con questa domanda del Pater noster, inoltre, noi domandiamo a Dio il pane spirituale, necessario per la salvezza dell’anima. E questo pane spirituale che nutre l’anima è anch’esso di varie sorti, come quello che nutre il corpo.

Sono cibo spirituale dell’anima la Parola di Dio, le divine Scritture, le prediche, le istruzioni, le letture spirituali. Sono cibo dell’anima le divine ispirazioni e la grazia di Dio; è cibo, finalmente, il pane vivo disceso dal cielo, cioè Gesù in Sacramento, il quale fa vivere in eterno chi degnamente lo mangia: qui manducat hunc panem vivet in aeternum. Tutto questo noi vogliamo chiedere a Dio sotto il nome di «pane», quando gli diciamo: dacci oggi il nostro pane quotidiano. E si dice «pane nostro» perché, se si parla del pane sacramentato e divino, Esso è proprio nostro, essendo stato donato a noi cristiani, figli di Dio principalmente; se si parla della divina Parola, che viene predicata dai veri ministri del S. Vangelo, essa è nostra, perché essa, e non le massime del mondo, né le perverse suggestioni del demonio, sono il vero pane. Se, sotto il nome di pane, si vogliono intendere le divine ispirazioni, i lumi e la grazia di Dio, che sono la vita dell’anima, anche queste le possiamo dire nostre, perché, avendocele il Signore tante volte promesse, ce le darà sicuramente, se gliele domanderemo con viva fede e profonda umiltà.

Ancora si dice «nostro» il pane corporale, poiché non lo si deve acquistare con mezzi illeciti ed ingiusti, ma con sudori, fatiche e industrie benedette da Dio. Si dice poi «pane quotidiano», perché lo si deve chiedere ogni giorno.

Dobbiamo, cioè, ogni giorno domandare a Dio il pane materiale, vale a dire un cibo non delicato e prezioso, ma comune e frugale per sovvenire ai bisogni del corpo e il pane spirituale della SS. Eucarestia, della divina parola, delle sante ispirazioni e degli altri aiuti e soccorsi della grazia, per poterci conservare nell’amicizia di Dio e non cadere in peccato.

Chiediamo che questo pane quotidiano sia dato a noi: da nobis – per richiamare alla memoria che in tutto e per tutto dobbiamo dipendere dalla Provvidenza del nostro Padre Celeste e che, se questo pane non ce lo concede Egli per sua bontà, noi non potremo conseguirlo mai. Finalmente domandiamo che questo nostro pane quotidiano ce lo dia oggi: «hodie» e questo per due motivi: primo, per farci intendere che la vita presente è tanto breve, che può considerarsi come un sol giorno; secondo, affinché impariamo a confidare in Lui e a non lasciarci dominare da soverchia sollecitudine per il domani, mentre Egli vuole provvedere ai nostri bisogni di giorno in giorno, come di giorno in giorno provvedeva al popolo Ebreo nel deserto, facendo piovere la manna dal cielo.

Spiegate, così, tutte le parole di questa petizione che facciamo a Dio nel Padre nostro, resta ora da vedere ciò che da essa dobbiamo imparare. Tre problemi si affacciano qui da risolvere la cui soluzione formerà, appunto, il nostro profitto.

Il primo è: se per il pane quotidiano che domandiamo intendiamo le cose temporali e spirituali, dobbiamo chiedere a Dio le une e le altre nella stessa maniera? Il secondo è: se per guadagnarci il pane basta solo chiederlo senza affaticarci, siamo sicuri di conseguirlo? Il terzo è: i ricchi devono anch’essi chiedere il pane quotidiano, pur avendone in grande abbondanza?

Rispondo al primo e dico che diversamente si devono chiedere le cose spirituali e le temporali. Le spirituali le dobbiamo chiedere assolutamente, essendo cosa certa che sono buone in se stesse non solo per la gloria di Dio, ma anche per la salvezza dell’anima. È per questo, dice S. Agostino, che Dio, infallibile, esaudisce le nostre domande, quando sono fatte con retta intenzione. Le temporali, poi, come abbiamo già detto, le dobbiamo chiedere sotto queste condizioni: se l’ottenerle sarà per la gloria di Dio e per il bene dell’anima nostra, perché le cose temporali devono essere sempre subordinate alle spirituali, come il corpo all’anima, e l’anima a Dio.

Quanto al secondo dubbio rispondo che sarebbe un grande errore il pensare che, avendoci Gesù Cristo insegnato a domandare al suo divin Padre il pane quotidiano e gli altri alimenti necessari, ci dovesse poi rendere oziosi e volessimo passare la vita senza affaticarci e nulla operare, quasi che Dio avesse a mandarci il pane ogni giorno per mezzo di un corvo, come faceva a S. Paolo eremita, o per mezzo di un Angelo, come faceva al Profeta Elia. Il pretendere questi miracoli che la divina Provvidenza operò per alcuni grandi Santi sarebbe un tentare Dio, poiché voi ben sapete che fra i castighi dati da Dio ad Adamo, e con lui a tutti i suoi posteri, vi fu quello che avrebbe dovuto mangiare il suo pane, guadagnandolo a forza di sudori, di fatiche e di stenti. Per aver questo pane, Dio vuole sì che lo chiediamo a lui, e lo riconosciamo dalla sua liberalità, ma nel tempo stesso vuole che tutti ci affatichiamo, secondo il proprio stato, e ce lo guadagnamo con mezzi leciti ed onesti.

Finalmente, per rispondere al terzo dubbio, io dico che anche i ricchi, cioè quelli che vivono di un reddito certo, debbono fare a Dio questa domanda: dacci oggi il nostro pane quotidiano, perché è vero che già hanno questo pane e l’hanno in abbondanza, ma hanno anch’essi bisogno di pregar Dio che si compiaccia di conservar loro questi beni, che la sua amorosa Provvidenza ha loro concessi, perché, senza l’aiuto di Dio, potrebbero cadere ben presto in estrema miseria. Chi era più ricco di Giobbe? Eppure noi sappiamo che in poco tempo (così permettendo Iddio) si vide ridotto ad una tale miseria e meschinità, che non si trovò alcuno più mendico di lui. Perciò l’Apostolo insegna ai benestanti di non mettere la loro speranza nell’incerto delle ricchezze, ma in Dio vivo, che dà ogni cosa con abbondanza.

Ecco, mie Suore, ciò che Gesù Cristo ha voluto insegnarci con questa petizione, che ci propose di fare al suo divin Padre nell’orazione del Pater noster, con quelle parole: «panem nostrum quotidianum da nobis hodie». Procuriamo noi di bene usarla nel modo che abbiamo detto finora, per conseguire quanto voleva il nostro amabilissimo Salvatore: chiediamo con umiltà e confidenza che ci dia ogni giorno il pane materiale con tutto quello che è necessario per i bisogni del corpo, ma più ancora chiediamo il pane spirituale dell’anima, facendoci, cioè, giungere fino al cuore la sua divina parola, la sua amabile voce con le interne sue ispirazioni, o col mezzo delle esortazioni che ci vengono fatte dai suoi ministri, affinché possiamo mantenerci sempre fedeli a lui, costanti nell’osservanza dei divini precetti, umili, obbedienti, docili, fervorosi e devoti, affinché, in una parola, possiamo vivere in modo da poterci ogni giorno accostare alla mensa Eucaristica a mangiare il Pane degli Angeli, con quelle sante disposizioni che si richiedono per godere i pieni effetti di un tanto Sacramento: «panem nostrum quotidianum da nobis hodie». Amen.