Suore dell'Immacolata

La carita 3

 

LA CARITÀ

MODO DI ESERCITARE L’AMOR DI DIO E MEZZI PER ACQUISTARLO

Parlando della santa carità, come voi ricorderete, abbiamo visto che cosa sia in se stessa, come ci sia comandata da Dio e quali i motivi che ci spingono ad amare Dio. Abbiamo detto che la carità è la più eccellente e la più sublime di tutte le virtù, che essa è maggiore della fede e della speranza stessa, poiché queste in cielo cesseranno. Infatti lassù si vede svela-tamente ciò che ora si crede, e si possiede con sicurezza ciò che ora si spera; la carità invece non viene meno, anzi si accenderà di nuove fiamme e diventerà più perfetta.

Abbiamo detto che la carità è la veste nuziale dei figli di Dio, veste che nessuno può indossare senza spogliarsi di quella del peccato e delle sue opere; è un dono soprannaturale diffuso dallo Spirito nei nostri cuori, che ci porta ad amar Dio per se stesso sopra tutte le cose, ed il prossimo nostro come noi stessi per amor di Dio. La vera e perfetta carità ama Dio, non perché è buono verso di noi e può farci eternamente felici, questo sarebbe un amore interessato, ma perché è buono in Se stesso, per la sua infinita amabilità, ch’è un amore grandissimo di benevolenza e di ami cizia, per mezzo del quale l’anima riposa nel suo Signore, gode e si compiace delle sue infinite perfezioni, massimamente della sua gloria; e brama efficacemente e procura che da tutte le creature del mondo Dio sia riconosciuto, glorificato, amato. Abbiamo veduto come questo divino amore ci vien comandato da Dio con un rigoroso precetto, ripetuto in più luoghi della divina Scrittura, precetto sì grande che abbraccia tutta la legge. « Hoc est maximum et primum mandatum », rispose Gesù Cristo stesso a quel dottore della legge che gli domandava quale fosse il più grande comandamento della legge: amar Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Abbiamo visto che per adempiere questo primo comandamento, dobbiamo amare il Signore con amore intero, vale a dire con tutto il cuore, e con tutte le potenze dell’anima: con amore operativo, adempiendo tutti i singoli divini comandamenti, e finalmente con amore costante, mantenendoci fedeli a Lui fino alla morte, nonostante gli ostacoli e le difficoltà. Abbiamo anche osservato che tre potentissimi motivi ci spingono ad amare il nostro buon Dio con tutto il cuore: I) perché Egli, supremo Signore e padrone, ce lo comanda; II) perché se lo merita, per le sue infinite bellezze, bontà e perfezioni; III) per gli innumerevoli benefici di cui ci ha favorito e ci favorisce continuamente.

Ora, seguendo l’ordine della nostra istruzione, io vi spiegherò: a) come e in qual maniera si debbano e si possano esercitare e con molta facilità atti di amor di Dio; b) poi vi additerò anche i mezzi che si debbono adoperare per acquistarli. Tutto questo però con la maggiore possibile brevità per non dilungarmi ed abusare della vostra pazienza.

Prima d’inoltrarmi nell’argomento, voglio qui premettere due cose. La prima è che siccome la carità, ossia il santo amor di Dio, è la più importante, la più necessaria di tutte le virtù, così chiunque desidera, non dirò solo di farsi santo e divenire perfetto, ma semplicemente desidera di salvarsi, deve indirizzare a Dio tutte le sue opere, pensieri ed affetti. Perché l’amassimo, Dio ci ha messi al mondo e per questo ci lascia sopra la terra. Per accendere in noi questo fuoco divino, è disceso dal cielo lo stesso Verbo del Padre. Bisogna, dunque, che ci stampiamo profondamente nel cuore questa grande verità, che cioè il maggior obbligo di noi creature, è l’amore al divin Creatore. Ne consegue che a questo amore devono tendere tutte le nostre devozioni ed esercizi spirituali. Siamo pur devoti della Vergine gloriosa e dei Santi, che ci tornerà di gran profitto e giovamento, ma perché questa sia vera devozione, bisogna che ci porti ad amare sopra ogni cosa il nostro Dio: se non ci conduce a questo, è devozione falsa ed apparente.

La seconda cosa che devo premettere è che tutta la bontà e il merito delle nostre azioni dipende dalla carità e dall’amore di Dio, e l’amor di Dio è quello che santifica tutte le nostre azioni. Facciamo pure quante orazioni, elemosine e penitenze vogliamo fare. Se tutto questo non sarà accompagnato dall’amor di Dio, se in tali azioni noi non avremo di mira di dare gusto e piacere a Dio, non saranno vera virtù, né ci verranno mai ascritte a merito per la vita eterna. Ce ne assicura S. Paolo, quando disse a quei di Corinto, che per quante cose meravigliose facesse, nulla gli sarebbero giovate, se non avesse avuto la carità: si charitatem non habuero, nihil mihi prodest. Questa è una verità che dobbiamo avere sempre presente, poiché, per non saperla mettere in pratica e per non ordinare a Dio tutte le nostre azioni, noi perdiamo spesso molti meriti.

Ciò presupposto, ecco la prima maniera di esercitare il nostro cuore a fare spesso atti di amor divino e a renderli anche intensi e perfetti. Quando diciamo: « Dio mio, io vi amo e voglio amarvi sopra ogni cosa e son pronto a tutto sopportare e patire piuttosto che offendere Voi, sommo Bene », dobbiamo intendere in primo luogo che siamo pronti a perdere la vita e quanto possiamo avere di più caro quaggiù, piuttosto che trasgredire la santa sua legge con un solo peccato mortale. Questo è un atto perfetto di amor di Dio. Atto più perfetto di amor di Dio sarà intendere di dire che siamo pronti a patir ogni male e perdere ogni bene, piuttosto che offendere Iddio anche con un solo peccato veniale. Sarà poi, perfettissimo atto di amor di Dio, come lo hanno fatto molte anime innamorate ed accese (alcune delle quali se ne sono impegnate con voto) l’essere pronte a perdere quanto abbiamo, a soffrire quanto ci può avvenire di avverso, quand’an-che non si trattasse di peccato mortale, né di peccato veniale, pur di conseguire il maggior gusto e la maggior gloria di Dio. Dobbiamo, però, ricordare che l’amor di Dio non deve consistere nella sola tenerezza del cuore e in soli interni sentimenti di affetto verso di Lui, o in sole parole o desideri, ma deve consistere,

come abbiamo detto altrove, principalmente, nelle opere e nei fatti.

L’amore, per essere vero, dev’essere come il fuoco, che è sempre attivo. Se non scende alla pratica, o se non viene applicata nelle varie occasioni la risoluzione fatta di amare Dio sopra ogni cosa, ma lo facciamo consistere in semplici e belle parole, esso non è vero amore di Dio, ma è falso, apparente e dipinto; è un fuoco che non brucia e non agisce. Il buon servo, che ama davvero il suo padrone, non si contenta di sole parole e desideri, ma cerca il modo di dargli gusto e di piacergli con i fatti. Non diversamente dobbiamo fare noi; se amiamo davvero il Signore dobbiamo mostrare quest’amore con le opere, mettendolo in pratica, quando si presenta l’occasione. Per esempio: mi viene proposto di aderire a una persona più che a un’altra, ma siccome questo offende Dio, perché rompe la santa unione e la carità fraterna, non sarà mai vero che io faccia simile cosa. Mi fu fatto un affronto: se non mi vendico e non ne prendo soddisfazione, tale persona continuerà a molestarmi e non potrò più quietare; faccia pur quel che vuole, purché non resti offeso Dio. Se io dicessi la mia ragione e facessi vedere che non sono un ignorante, ma che anch’io capisco e so per bene le cose, Dio ne resterebbe offeso, almeno venialmente: ebbene io taccio per non dargli nemmeno questo leggero disgusto. Anche senza offesa di Dio, potrei contentarmi in questa o in quell’altra cosa, prendermi quella soddisfazione, far quella visita. Ma se io voglio astenermene, perché con questo so che do maggior gusto a Dio, che apprezza grandissimamente la vita mortificata e solitaria, io abbraccerò sempre ciò che è di suo maggior gusto e maggiore sua gloria.

La seconda maniera di far atti di perfetto amor di Dio, è quella di conformare la nostra volontà a quella di Dio in tutte le disgrazie e travagli che Egli ci manda, e in tutto ciò che Egli dispone nella nostra vita. La volontà del padrone deve essere sempre la volontà del buon servo. Noi, dunque, non saremo mai fedeli servi di Dio, se non vogliamo che Egli abbia sopra di noi padronanza; né mai potremo dire di amarlo davvero, se non siamo del tutto sottomessi agli ordini e alle disposizioni della sua provvidenza sovrana e della sua santissima volontà. Guardiamoci, dunque, dal non uscir mai in lamentele per tutto ciò che di noi e delle cose nostre dispone il Signore, e per tutto ciò che ci manda di avverso e di contrario, sacrificando a Lui il nostro volere con il nostro cuore. Ma noi, dirà forse qualcuna, nelle avversità e travagli che ci capitano, non possiamo far a meno di sentirne dolore ed affanno. Questo non ci toglie di amar Dio: che il nostro corpo ci dolga e che l’animo si rattristi nelle avversità, poco importa. Si ama, tuttavia, Iddio e si merita, purché nel tempo stesso il cuore sia unito a Dio e la nostra volontà non si ribelli, ma si rassegni al divino volere. Anche i martiri sentivano l’ardore delle fiamme, le ferite dei ferri e delle spade e l’acerbità di tutti i tormenti, ma perché li sopportavano volentieri per amor di Dio, e a Dio offrivano tutte le loro pene, per questo i loro martiri erano atti di perfettissimo amore di Dio. Lasciamo che l’animo e il corpo

sentano il peso delle tribolazioni e l’acerbità delle pene, noi teniamo l’affetto sempre fermo in Dio; il nostro volere sempre conforme e rassegnato alla sua santissima volontà, e non lasceremo mai di amarlo di vero cuore. Abituiamoci a dire spesso e con viva fede: « Dolcissimo mio Gesù, sia sempre fatta in me e sopra di me la tua santissima volontà ». La nostra vita sarà un atto continuo del più perfetto amor di Dio.

La terza maniera di esercitarsi in atti di perfettissimo amor di Dio, è quella di compiacersi della sua grandezza, bontà e santità, di tutte le infinite sue perfezioni, di tutti i suoi divini attributi, specialmente della sua gloria. E’ vero che Dio, essendo perfettissimo in Se stesso e infinito nelle sue perfezioni, nulla può ricevere da noi, ma tuttavia, mostrando noi godimento e piacere che Egli sia infinitamente grande, santo, glorioso, documentiamo di amarlo con vero amore. Questo è quello che fanno, come vide Isaia, continuamente i serafini nel cielo con tutti gli altri spiriti beati, esclamando sempre: santo, santo, santo. Questo è quello che ci ha insegnato Gesù Cristo nell’orazione del « Pater noster », con cui diciamo ogni giorno al nostro Padre del cielo che il suo divin nome venga santificato da tutti, cioè ch’Egli sia riconosciuto per quello che è, servito ed amato da tutto il mondo. Questo, finalmente, è quello che vuole la Chiesa stessa nel farci ripetere alla fine di ogni salmo ed in altre occasioni, la bellissima dossologia del « Gloria Patri ». In questo, dunque, occupiamoci di frequente; compiacciamoci e godiamo che sia Dio quell’essere perfettissimo ch’Egli è; bramiamo che sia da tutti conosciuto ed amato, e nel nostro cuore arderanno sempre nuove fiamme di amore.

Finalmente si possono fare atti di amor di Dio, facendo atti di vera contrizione. Il non offendere Dio, e il pentirsi, se si è offeso, per timore dei castighi preparati da Dio è bene, ma non offenderlo, mossi da un santo timore filiale, e detestare le offese a Lui fatte, perché si è disgustato ed offeso un Padre così buono, un Dio sì amabile, e non volerlo mai più offendere, ma volerlo servire ed amare, anche se non ci fosse né Inferno da incontrare, né Paradiso da perdere, questo è di gran lunga assai meglio. Questo è un atto di contrizione fervente, di puro e intensissimo amor di Dio, così perfetto che, anche fuori del Sacramento della Penitenza, rimette in grazia il peccatore e lo giustifica. Ecco la pratica del puro amor di Dio: ecco le diverse maniere con cui si possono esercitare i suoi atti.

Ora resta da vedere la seconda cosa che io ho proposto di mostrarvi, cioè quali siano i mezzi per poter acquistare l’amor di Dio. S. Lorenzo Giustiniani suggerisce tre mezzi principali per conseguire l’amor divino: a) libenter de Deo cogitare, b) libenter Pro Deo dare, c) libenter pro Deo pati (pensare volentieri a Dio, dare volentieri per Dio, soffrire volentieri per Dio).

a) Il primo mezzo, dunque, per acquistare l’amor di Dio è di pensare molto a Lui. Per amare una persona, bisogna prima conoscerla e conoscere bene le sue belle qualità, e quanto più esse saranno conosciute, tanto più ci renderanno amabile la persona stessa.

Se noi, dunque considereremo spesso le infinite perfezioni del nostro Dio, la sua maestà e grandezza, la sua bontà e liberalità verso tutti, ma specialmente verso di noi, a cui ha fatto e fa tanto bene nella vita presente ed è pronto a farne ancora di più nell’altra, non si potrà far a meno che non si risvegli e s’accenda in noi un ardentissimo amore per Lui. A questo gioverà grandemente meditare tutti i suoi divini attributi, le opere meravigliose che ha fatto per noi, leggere volentieri i libri che ci inducono a pensare a Dio ed agli infiniti suoi benefici. Ci sentiremo, allora, mossi a trascurare le cose terrene ed affezionarci a Lui ch’è il nostro primo principio e nostro ultimo fine; l’oggetto della nostra beatitudine eterna. I santi ardevano tanto di santo amor di Dio da passare giorni e notti senza quasi mai pensare ad altro, rapiti e immersi nella contemplazione delle cose divine. Se noi non possiamo fare altrettanto, facciamo almeno una parte di ciò che essi facevano, e acquisteremo anche noi il santo amore di Dio.

b) Il secondo mezzo per acquistare il divino amore è di dare e fare molto per amor di Dio. Vi sono poveri da soccorrere, infermi a cui provvedere, afflitti da consolare, peccatori da convertire, giusti da perfezionare. Dunque, fate opere di misericordia corporali e spirituali quanto potete, e quanto lo stato e la condizione vostra lo permetta. Faccia ognuno verso i suoi prossimi lo stesso che vorrebbe fosse fatto a lui, se si trovasse nelle sue stesse condizioni. Oltre a ciò dobbiamo donare a Dio tante altre cose. Noi, ad esempio, siamo inclinati a certi modi e gusti? Facciamone un sacrificio al Signore, priviamocene. Vi sono cose che più ci vanno a genio? Priviamocene per amor di Dio. Abbiamo delle ripugnanze a privarcene? Appunto per questo sarà maggiore il nostro merito. Noi felici, dice un pio autore, se in punto di morte potessimo dire a Dio: « Signore, io ho dato per voi ogni cosa, né mi resta più altro da darvi che l’anima mia ». Non manchiamo poi di offrirgli, ogni giorno e anche più volte al giorno, tutti noi stessi e quanto abbiamo, affinché Egli ne disponga a suo piacimento. Offriamogli tutte le opere che facciamo nella giornata, qualunque esse siano, protestando che tutto vogliamo fare per ubbidire agli ordini della sua provvidenza, per dargli gusto, per sua gloria ed amore. Che gran mezzo sarà questo e quanto efficace per acquistare un perfetto amor di Dio!

c) IL terzo mezzo per acquistare l’amor di Dio è di patir molto per Lui. Tant’è, sorelle mie, dobbiamo disingannarci: tutto ciò che non è mortificazione di noi stessi e dei nostri sensi, può averne l’apparenza, ma non è virtù. Tutte le devozioni esterne e gli esercizi spirituali, se non producono in noi un desiderio vero ed efficace di sopportare volentieri e di patire volentieri per amor di Dio, son tutti alberi di belle foglie, ma senza frutti. La vera devozione, il vero amor di Dio, ha da portarci a reprimere le passioni e la volontà nostra; a rintuzzare quella soverchia stima che abbiamo di noi stessi: il nostro amor proprio. In una parola, avremo veri indizi di amor di Dio, quando saremo innamorati dei patimenti e delle croci; quando lo esprimeremo non con le sole parole, ma con i fatti. « Se tu mi ami, disse Gesù a Pietro, pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore, che è quanto dire: fatica, stenta e suda. Insegna con la divina predicazione a tutto il mondo, a grandi e a piccoli, a dotti ed a ignoranti, a giusti e a peccatori, e sii pronto ad andare ove tu non vorresti, cioè alla morte per mio amore ». Lo stesso va ripetendo a noi il divin Salvatore, benché in modo diverso. Noi, o mie dilettissime, ameremo davvero Dio, quando saremo pronte per amor di Dio, ad accettare volentieri tutte le cose avverse che ci succedono: le persecuzioni, le maldicenze, le calunnie, le contese; quando, poste in mezzo ai più aspri dolori, alle più acerbe disgrazie, ai più sensibili affronti, saremo rassegnati al divino volere e tutto sopporteremo con pazienza senza mai lamentarci di nulla, per amore di Dio. Sì, mie sorelle, quando noi saremo animate da questi cristiani sentimenti che, potendoci vendicare di chi ingiustamente ci offende, di chi indebitamente ci molesta, non lo faremo per amor di Dio, allora avremo un giusto motivo di dire che amiamo il Signore, e che adempiamo a questo grande comandamento dell’amore, in cui è rinchiusa tutta le legge.

Ma, come ho già detto altrove, il santo amor di Dio è un fuoco che non si attacca al nostro duro cuore, se Dio stesso non ve lo accende con l’amorosa sua fiaccola. A Dio, dunque, bisogna chiederlo, e chiederlo con fervore, con istanza continua. Pregare Dio, perché scacci dai nostri cuori ogni cattiva passione ed ogni strano affetto, affinché siamo sempre intensamente possedute dal santo suo amore ed Egli solo regni in noi con la santa sua grazia.

« Sì, aggiungete, o Signore, agli infiniti vostri benefici anche questo che è il più grande: attirare a Voi il nostro cuore e tutto riempirlo del vostro amore. I favori e le grazie che Voi fate alle vostre creature, tutte a Voi costano ugualmente: fateci dunque questa, ve ne preghiamo; per la vostra infinita bontà, riempite la nostra mente di santi e amorosi pensieri; accendete i nostri cuori di amore così intenso che nessuna cosa di quaggiù lo possa mai estinguere. Voi che purificaste col fuoco le labbra d’Isaia, purificate col fuoco del vostro ardentissimo amore, da tutti gli affetti terreni, l’anima nostra, affinché Voi solo ami, Voi solo cerchi, in Voi solo riposi nella vita presente, per vivere sempre e regnare senza fine con Voi in quella futura. Amen.

Il divino amore ha due oggetti: uno è la Divinità con tutti i suoi divini attributi e perfezioni infinite, l’altro è l’umanità di Gesù Cristo con tutte le sue prerogative ineffabili. I veri amanti di Dio, quelli che bramano le maggiori finezze del divino amore, amano immensamente: Iddio: Uno e Trino, Creatore e Conservatore di tutte le cose; e il Verbo del Padre, Redentore e Salvatore di tutto il genere umano. Gesù Cristo stesso si fece promulgatore e maestro di questo amore divino, dicendo: « Questa è la vita eterna: conoscere Dio, unico e vero, e Colui che ha mandato sulla terra, Gesù Cristo suo divin Figlio ». Come Gesù Cristo unì nel Vangelo queste due cognizioni di Dio e di Se stesso, e le disse ugualmente necessarie e salutari, così anche noi dobbiamo, unire questi due amori di Dio e di Gesù Cristo, come ugualmente necessari. Dopo aver parlato dell’amore che dobbiamo a Dio, è bene che parliamo di quello che dobbiamo portare a Gesù Cristo, Signor nostro: so bene che nelle passate istruzioni qualche cosa già si è detto, ma non sarà fuor di proposito trattare in modo più particolareggiato questa materia, essendo questo uno dei punti essen ziali della nostra religione. Esaminiamo quindi i molteplici motivi che ci devono spingere ad amare ardentemente nostro Signor Gesù Cristo in questa vita, per poterlo amare eternamente nel cielo.

Come infiniti sono i motivi che ci devono spingere all’amore di Dio, così non si finirebbe più, se volessimo enumerare tutti quelli che ci spingono ad amare Gesù Cristo. Io ne toccherò solo alcuni, per non abusare della vostra pazienza.

Il primo è questo: perché Gesù Cristo è figlio di Dio, vero Dio come il Padre e lo Spirito Santo. « Sì, dice l’apostolo S. Paolo, Gesù Cristo è l’immagine perfetta del Divin Padre, la figura della sua sostanza, lo splendore della sua gloria ». Egli è il Figlio unigenito del Padre, nato prima di tutti i secoli; Dio che procede da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero; generato dal Padre, ma non fatto, perché consustanziale al Padre, e per mezzo di Lui sono state fatte tutte le cose. Questa è una verità combattuta dalla superbia dei pagani, dalla cecità degli Ebrei, dall’empietà degli Ariani e di altri, ma invano, perché tutta la religione cattolica ce la insegna e costituisce il fondamento della nostra santa fede.

Questo divin Figlio, generato prima di tutti i secoli, si è fatto uomo nella pienezza dei tempi. Dice S. Giovanni: quel Verbo divino, che da tutta l’eternità era presso Dio e che Egli stesso era Dio, si fece carne: et Verbum caro factum est. Ma per qual motivo questo Verbo eterno si è fatto carne? Per quale ragione è sceso dal cielo in terra e, nel seno di una Vergine,

ha voluto assumere la nostra umanità e unirla alla sua divina Persona e farsi uomo simile a noi? Per amor nostro, per l’eterna nostra salvezza, « Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo… e si fece uomo ». Come dunque, possiamo non amare questo amabilissimo Gesù che tanto e così grandemente ci ha amato, fino a prendere le nostre spoglie mortali e a farsi uomo per la nostra salvezza? Se noi fossimo caduti in estrema miseria, e fossimo divenuti schiavi, e vedessimo un monarca di questa terra scendere dal suo trono e venire egli stesso in persona a liberarci dalla schiavitù, non ci sembrerebbe di non avere affetti sufficienti per corrispondere a tanta finezza e a tanto amore? Ma non è stato un monarca di questa terra, è stato il monarca dell’universo che è sceso dal cielo in terra per venire, Egli in persona, a liberarci dalla durissima servitù del demonio e del peccato. E per questo amabilissimo Signore, non avremo tenerezza di cuore ed infuocati affetti? Saremo solo per Lui insensibili e forse anche limitati nell’amore? Forse che, venuto Egli nel mondo per amor nostro e per liberarci da sì dura schiavitù, lo fece, come si poteva anche fare, senza patimenti e fatica? Ma come la vita di Gesù Cristo fu un continuo esercizio d’amore verso di noi, così non fu che un susseguirsi di sofferenze, di fatiche e di stenti, a cui, per amor nostro, si volle assoggettare. Non basta: per liberarci dalla morte eterna, Egli volle sottomettersi ad una dolorosissima passione e ad una morte crudelissima e ignominiosa, quale fu la morte di croce. Basta un’occhiata a questo divin Crocifisso, per vedere questo eccesso d’amore e capire che, se noi abbiamo cuore, siamo tenute a riamarlo immensamente. Non vi è maggior contrassegno, dice lo stesso divin Redentore, per dimostrare l’amor vero, quanto dare la vita per la persona amata. Ora quest’ultima prova d’amore l’ha voluta dare Gesù Cristo per noi. Non solamente Egli ha voluto tanto patire per noi, ma ha voluto versare, fino all’ultima stilla, il suo sangue prezioso e dare la stessa sua vita alla morte di croce. Se, dunque, ci ha riscattato dalla servitù del peccato mediante tante pene, con lo spargimento di tutto il suo sangue e con la sua stessa vita, non è giusto che noi l’amiamo con l’amore più intenso e più acceso possibile?

Aggiungete che Gesù Cristo ha fatto per noi non solo l’ufficio di Redentore, riscattandoci dal peccato a costo della sua stessa vita, ma continua anche a fare l’ufficio di nostro avvocato presso l’eterno suo Padre, riconciliandoci nuovamente a Lui, se mai, per disgrazia, ricadiamo nella schiavitù del peccato. E’ vero che la ragione vorrebbe che, liberati una volta dal peccato a prezzo così caro, quale fu lo spargimento totale del preziosissimo sangue e la morte di un uomo-Dio, non tornassimo mai a peccare; ma chi non sa, invece, quanto accada il contrario? Si pecca frequentissimamente, per fragilità e per malizia, e pochi, pochissimi, sono i giorni in cui noi possiamo dire di non aver mancato in qualche cosa. Tutto questo vedeva il buon Gesù e perciò, volendo ad ogni costo la nostra salvezza, anche a questo pensò di provvedere, facendosi nostro avvocato presso il suo divin Padre e intercedendo continuamente per noi, affinché ci siano perdonati dalla divina misericordia i nostri attuali peccati. « Figlioli miei – diceva ai primi cristiani l’apostolo S. Giovanni -, io vi scrivo queste cose, affinché non pecchiate, ma se alcuno cadrà, non si perda per questo di coraggio, perché lassù nel cielo abbiamo presso il divin Padre per avvocato, Gesù Cristo, giusto e innocente ». Egli è Colui che Lo rende propizio e Lo placa per i nostri peccati e per quelli di tutto il mondo. Il suo sangue prezioso ci monda da ogni peccato, e i meriti infiniti della sua passione soddisfano pienamente per noi la divina giustizia del Padre. Quale amore pertanto, quale riconoscenza dobbiamo noi a un tale avvocato che, dopo averci salvato, ci riconcilia ancora al divin Padre, con l’offerta degli infiniti suoi meriti, qualora, per nostra disavventura, tornassimo a perdere, peccando, la divina amicizia! Potremo noi essere freddi ed insensibili verso un amante così generoso e magnanimo?

Egli, continua S. Paolo, non solo è nostro avvocato, ma è l’unico mediatore tra Dio e noi, è Colui che solo ci riconcilia con Dio per la nostra pace. Sì, ripete l’Apostolo, quanto di bene c’è in noi, tutto ci viene da questo Salvatore divino: Gratia Dei per Dominum nostrum Jesum Christum. Ed ecco la ragione per cui la santa Chiesa, ispirata dallo Spirito Santo, quando chiede grazie a Dio, termina sempre le sue orazioni con questa clausola: Per Dominum nostrum Jesum Christum. La santa Chiesa sa che Gesù Cristo è il canale per cui viene a noi la divina misericordia. Anzi lo stesso divin Redentore, per indurci a chiedere con più coraggio a Dio qualsivoglia grazia, c’insegna che senza dubbio la conseguiremo, se la chiederemo al Padre in suo nome: « Amen dico vobis, si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabitur vobis ». Non vi pare dunque, sorelle, d’essere noi tenuti ad amare di cuore questo tenerissimo amante? E chi può esprimere quanto sia grande questo nostro dovere? Come ci lusingheremo di essere cristiani e religiose, se non ameremo sopra tutte le cose l’Unigenito Figlio di Dio? Senza amare Gesù, non potremo neppure essere noi amati da Dio, il quale asserì sulle rive del Giordano e sulla cima del Tabor, che Questi era il suo Figlio diletto, l’oggetto delle sue compiacenze e che tutti dovevano ascoltarlo. Con questo, chiaramente volle dirci che se vogliamo essere suoi veri seguaci, noi dobbiamo necessariamente amarlo. Anzi, se Iddio ci ama, è perché noi amiamo il suo dilettissimo Figlio. « Il Padre vi ama, dice lo stesso Cristo ai suoi discepoli, perché voi mi amate ». In altro luogo aveva già detto: « Chi ama me, sarà amato dal Padre mio ». Ecco dunque il mezzo sicuro per essere amati dal Padre eterno: amare molto il suo diletto Figlio.

Un altro motivo di amare molto Gesù Cristo è, perché Egli è il nostro Signore e padrone. Questo bel titolo di « nostro Signore » è quello che gli vien dato in tutti i simboli apostolici ed ecclesiastici; con questo titolo in cento e mille luoghi lo nomina S. Paolo. E sapete per quali titoli egli è nostro Signore e padrone?

a) Lo è come Dio per titolo di creazione, perché ci ha fatti tutti dal nulla. « Tutto, dice S. Giovanni, è stato fatto per Lui, e senza di Lui niente è stato fatto ».

b) Lo è come Uomo-Dio, per titolo di redenzione, perché con la sua passione e morte ci ha redenti e salvati, e noi siamo una sua gloriosa conquista.

c) Lo è finalmente, perché noi ci siamo dati tutti a Lui e a Lui consacrati nel Battesimo e nello stato religioso. Sì, o Gesù, il nostro Battesimo è il titolo del nostro impegno: in vostro nome fummo rigenerati; là abbiamo rinunziato per sempre al demonio, cioè al peccato, e a tutte le vanità; là abbiamo solennemente promesso di non seguire altri che Voi, di non avere altro di mira che la vostra gloria. Il fonte sacro ove con l’onda santificante siamo stati lavati, è il testimonio delle nostre promesse. Il cielo e la terra, che udirono le nostre parole, si leverebbero contro di noi, se vi mancassimo. La stessa promessa, almeno implicitamente, noi l’abbiamo rinnovata e confermata nel dedicarci interamente a Voi nello stato religioso. Voi, dunque, siete, o Gesù, il nostro Signore e padrone, e noi felici, se corrispondiamo ai doveri che questo titolo comporta!

Ma qual è, o mie dilette, il principale dovere che abbiamo, e che Gesù brama e domanda da noi? Che Lo amiamo. Questa è la gratitudine e la corrispondenza che Egli desidera. Giustamente: amore richiede amore. Gesù operò tutto per nostro amore: la discesa dal cielo sulla terra, gliela fece fare solo l’amore. Se si è abbassato fino a noi, facendosi uomo, lo fece per diffondere il suo amore, perché potessimo noi accostarci a Lui con maggiore confidenza.

Tutti i suoi misteri sono misteri di amore; la sua legge è legge di amore; il suo regno è regno di amore: così la gratitudine che domanda da noi, è gratitudine di amore.

Con quale amore gli mostreremo la nostra riconoscenza? Che dobbiamo fare noi per amor suo? Gli apostoli mossi da questo santo amore, hanno percorsa con la loro predicazione tutta la terra, per stabilire il regno di Cristo; in difesa della sua fede, i martiri hanno sparso il loro sangue; i confessori hanno sofferte tante fatiche; le vergini gli hanno consegnato tutte se stesse e il loro cuore indiviso; in una parola, tutti i santi, non hanno voluto vivere che per Gesù Cristo e per la sua gloria. L’amore di Gesù Cristo, quando il tiranno lo stimolava a rinnegarlo, fece uscire S. Policarpo in quelle sì generose e insieme sì tenere espressioni: « Sono settant’anni che ho cominciato a servire Gesù Cristo: Egli non mi ha fatto mai alcun male, anzi mi ricolmò d’ogni bene. Come posso io, dunque, essergli ora infedele e rinnegarlo? No, non lo farò mai ».

Animiamoci anche noi di questi stessi sentimenti: stabiliamo in cuor nostro di voler sempre amare e servire questo amabilissimo Gesù che per tanti titoli si merita tutto il nostro amore, e saremo felici nel tempo e nell’eternità. Amen.