IL PECCATO VENIALE
È comune, purtroppo, tra le anime battezzate e anche fra quelle religiose per professione, questo gravissimo errore: che il peccato veniale non sia un grande male onde, confondendo la gravità del peccato con la gravità del male, essendo il peccato veniale leggero, si reputa leggero anche il male. Questo peccato è sì leggero, ma solamente paragonato all’orribile mostro del peccato mortale, che è un male sommo per l’ingiuria gravissima che fa a Dio e per gli inesplicabili e gravissimi danni che cagiona a chi lo commette.
Sono così grandi mali i peccati veniali che, se con uno di essi, con una sola, per esempio, di quelle bugie che si dicono come scusa o per burla, con quegli atti d’impazienza che si fanno così facilmente potessimo cambiare l’inferno in paradiso, non dovremmo permetterlo, piuttosto che dire la bugia e fare qualunque altro peccato veniale. Un peccato di tale grandezza che, sebbene non privi l’anima della grazia di Dio e non la renda rea dell’eterna dannazione come il peccato mortale, vi pare che lo si possa commettere senza nessuno scrupolo? Disinganniamoci, mie sorelle, disinganniamoci: il peccato veniale, quando è conosciuto e voluto, è un male da temersi assai e sommamente pericoloso, perché sorgente di mali gravissimi e meritevole di severi castighi. Cerchiamo, dunque, oggi di esaminare la gravità di questo peccato sotto un triplice aspetto: considerandolo dapprima in se stesso, poi nelle sue conseguenze, ossia negli effetti che esso produce e in terzo luogo nei castighi con cui Dio lo punisce. Vedremo che è un male tanto grave da fuggirsi con ogni diligenza. Cominciamo dalla prima verità. Iddio pietoso ci rischiari la mente.
I teologi definiscono il peccato veniale una piccola trasgressione, una leggera mancanza che diminuisce e raffredda la carità e priva di bellezza l’anima, per quanto non la privi della grazia santificante. Per peccato veniale s’intende quel dire bugie per scusa, per ridere, per burla, quell’impazientirci nelle contrarietà, quel risentirci o dire parole acerbe con chi ci usa il minimo sgarbo o contraddice ai nostri punti di vista, quel disubbidire in piccole cose ai superiori, quello stare attaccate al nostro modo di pensare, quel non volere essere docili e arrendevoli alle esortazioni che ci vengono amorevolmente nell’orazione, quel lasciare alla mattina di offrire a Dio tutte le azioni che si faranno nell’intera giornata; insomma, per peccato veniale s’intende qualunque cosa si faccia, o si dica, o si pensi, o si tralasci la quale, o per piccolezza di materia, o per difetto di avvertenza dell’intelletto, o per mancanza di deliberato consenso della volontà non ci porti ad un grave disprezzo di Dio e non ci privi totalmente della divina sua grazia.
Nel peccato mortale c’è sempre una forte tentazione che promette una maggiore soddisfazione; nel peccato veniale, invece, la tentazione è leggera e poca o nulla la soddisfazione. Per un nonnulla non badiamo ad offendere il nostro buon Dio, al quale dobbiamo tutto il nostro amore. Egli, è il Dio creatore e Signore del cielo e della terra, il principio di tutte le cose e della nostra esistenza al quale, con le nostre venialità, se non facciamo un grave insulto, manchiamo però di rispetto. Una tale mancanza, in un verme della terra qual è l’uomo in confronto a Dio, si potrà tenere in nessun conto? Un atto sconveniente, fatto alla presenza di una persona ragguardevole, riveste sempre un tale carattere ingiurioso, che viene severamente punito.
Ora chi sei tu, o uomo, che ti permetti di oltraggiare il tuo Dio? Non sei altro che una briciola di fango, impastata dalle sue mani; e osi arrivare a tanto da mancare di rispetto al Tutto e all’Onnipotente?
Dobbiamo ancora considerare questo gravissimo male del peccato veniale nelle sue pessime conseguenze. Voi lo sapete: due sorta di mali portano con sé le infermità. Uno è il male che esse causano al presente, cioè la sfinitezza, la nausea, il pallore; l’altro è quel male che ci colpirà nel tempo futuro, cioè la morte e la separazione dell’anima dal corpo. Così il peccato veniale. È una malattia spirituale dell’anima nostra la quale, se non toglie la bellezza sostanziale della grazia, toglie almeno quella maggiore bellezza che avrebbe se fosse senza macchia.
Più ancora: la priva in gran parte del frutto dei santi Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia, perché mette ostacolo a quell’intima unione che Gesù Cristo pretende; e finalmente rende disgustoso all’anima stessa ogni esercizio di pietà, diminuendone il fervore della carità e quegli aiuti speciali che le darebbe Iddio, se non la vedesse macchiata da questo o da quell’altro difetto. Il peggio, poi, è quel male che minaccia l’ampia in avvenire, cioè la morte del peccato mortale, a cui l’infermità del peccato veniale va avvicinandosi poco a poco. Sa bene, il demonio, che non riuscirebbe a persuadere un’anima timorata di Dio a peccare mortalmente, perciò si accontenta di insinuarsi insensibilmente in lei per mezzo di cose apparentemente da poco, ma in realtà tali da trascinarla verso il precipizio. Era cosa di poco rilievo per Eva bramare il frutto vietato, ma il demonio ne approfittò per fomentare in lei la tentazione, affinché la poveretta lo cogliesse e lo mangiasse.
Lo stesso fa ancora oggi il demonio. Dice il Crisostomo che si accontenta, dapprima, di allettare l’uomo con cose da nulla, per indurlo poi in cadute di maggiore importanza. Giudicate voi, se succede altrimenti. In che modo, nelle comunità religiose, regnano talvolta pericolose discordie? Il demonio risveglia un leggero risentimento, una diffidenza, una piccola antipatia: si comincia col mettere in campo dei difetti leggeri dell’una e dell’altra più per scherzo che per maldicenza e da qui nascono poi detrazioni maligne ed astiosità.
Con l’odio e l’animosità in cuore si va a comunicarsi ogni giorno, ognuna si crede tranquilla in coscienza, anzi, neppure vi pensa, perché le pare di aver ragione; in tal modo il diavolo conduce dalle cose minime alle massime. 0 terribili conseguenze del peccato veniale avvertito! Se tali ne sono le conseguenze, non si dovrà dire che è un gravissimo male il peccato veniale? Che sarà dunque di noi che, stimando un nulla le cose leggere, le commettiamo forse con somma facilità, anzi con somma pace? Se non ci scuote il dispiacere grandissimo che, con queste venialità, rechiamo a Dio, se non ci sgomentano le conseguenze funeste che immancabilmente esse producono in chi se ne rende colpevole, ci muovano a detestarle almeno i terribili castighi con cui Dio le punisce.
Prima, però, notate che, per quanto severa e terribile si dimostri la divina giustizia nel punire le colpe sulla terra, non esercita ella tuttavia tutto il suo rigore, perché la divina giustizia viene sempre qui in terra temperata in qualche modo dalla divina misericordia.
Vediamo ora i tremendi castighi che suole usare un Dio giusto, ma misericordioso nello stesso tempo, nel punire il peccato veniale, per concludere che male esso sia. Mosè, il favorito del Cielo, per una piccola diffidenza nel percuotere due volte la rupe per fare scaturire l’acqua per il popolo assetato, viene condannato a morire senza mettere piede nella terra promessa; sua sorella Maria, per una leggera mormorazione, viene ricoperta da terribile lebbra e cacciata dalle tende degli Israeliti; Davide, per una semplice vana ostentazione di numerare il suo popolo, si tira addosso il tremendo flagello della peste micidiale, che non si arresta se non dopo aver steso al suolo settantamila cadaveri; Ezechia, per aver mostrato i suoi tesori agli ambasciatori di Babilònia, viene punito con la perdita degli stessi tesori e anche del regno; quarantadue fanciulli sono divorati dagli orsi, per aver deriso il Profeta Eliseo.
Che dite voi, mie Sorelle, di fronte a castighi così tremendi, in punizione di quei peccati dei quali si fa poco conto? È forse Iddio meno retto nei suoi giudizi? Eppure, questo è il meno in paragone di quelle pene con le quali si puniscono ogni giorno nell’altro mondo, in purgatorio, anche le più piccole trasgressioni. Poiché, essendo quelle pene soprannaturali e di ordine superiore, di gran lunga sorpassano nell’acerbità tutti i dolori provata qui in terra dai nostri sensi. Se voi vedeste un reo condannato dall’umana giustizia ad essere arso vivo su di una piazza, potreste pensare che fosse piccolo e leggero il suo delitto? Anzi, lo stimereste enorme. Come possiamo persuaderci che sia leggera e piccola una colpa veniale mentre dalla giustizia divina, che non può ingannarsi, viene punita a lungo e duramente nel fuoco del purgatorio? L’anima che sta in quelle fiamme è sposa diletta di Gesù Cristo, è destinata alle nozze del paradiso, brama ardentemente di unirsi al sommo Bene, è uscita dal mondo vittoriosa di tutti i suoi spirituali nemici, tuttavia un solo peccato veniale la trattiene in quella fornace, che è quanto a dire in quel piccolo inferno che le impedisce di vedere il suo Dio e di divenire beata.
Dopo tutto ciò, potremo ancora chiamare piccolo e leggero male le nostre trasgressioni? Non ci accorgiamo del pericolo a cui ci esponiamo e che dovremo piangere per tanti secoli? Se non detestiamo di cuore le nostre colpe veniali, esse ci faranno sempre il grande male di alimentare a lungo le nostre fiamme nel purgatorio e di frapporci un odioso ostacolo a divenire beati.
Impariamo dunque, o mie sorelle, a ritenere, finché siamo in tempo, che il peccato veniale è un grande male, sia per la malizia che in sé contiene, sia per le pessime conseguenze che produce in chi lo commette, sia per i severi e tremendi castighi con cui viene punito dal Signore.
Confondiamoci intanto di averlo tante volte commesso: detestiamo tutti i nostri peccati veniali trascorsi, confessandoli sinceramente nel tribunale della penitenza e, con volontaria mortificazione, procuriamo di pagarne anticipatamente il debito.
Nell’ammirare la lunga pazienza di Dio nel sopportare tanti nostri difetti, fermamente proponiamo di non volere mai più, con avvertenza, commettere alcun peccato veniale. Preghiamo umilmente il Signore e la sua Santissima Madre che, per quell’odio infinito che essi portano ad ogni peccato, ci fortifichino, con aiuti potenti, in questo nostro proponimento, e ci tengano costantemente lontane dal pericolo del peccato mortale non solo, ma anche da ogni peccato veniale deliberato. Amen.