GIUSEPPE, SPOSO DI MARIA, ERA UOMO GIUSTO
Se, per gli uomini grandi, fu sempre un nobilissimo vanto l’avere un eccellente oratore, che con squisita eloquenza ne lodasse il merito e la virtù, quale onore è per S. Giuseppe l’avere avuto come oratore lo stesso Dio, cioè Colui che, solo fra tutti, né può esagerare, né può mentire, né può errare.
Ascoltiamo, dunque, dall’eterna Verità il nobilissimo elogio di S. Giuseppe: egli viene chiamato dallo Spirito Santo, quasi per antonomasia, « il giusto »: Joseph autem cum esset justus. Ma che significa questo nome: giusto? Parli S. Girolamo che nello spiegare le scritture fu il massimo dottore, perciò degno di essere ascoltato con piena fiducia: Josephum vocari justum attendite , e per qual merito? Non per una sola virtù, non per molte, ma per tutte, e per di più tutte ottenute in perfetto grado: propter omnium virtutum perfectam possessionem . Che può dirsi di più di un uomo, che egli possiede ogni perfezione, e perfettamente? Non vi pare questo un elogio sublime?
Non per dubitare di ciò che è certo, cioè che Giuseppe fu giusto, ma per vedere a quale altezza di perfezione Giuseppe venne elevato da Dio, con la sua cooperazione alla grazia, faremo insieme alcune considerazioni. E poiché poco ci è noto della sua vita, niente della sua morte, cercheremo di intrattenerci soltanto su quello che sappiamo. Egli fu sposo della Vergine Maria, vir ejus; per tale lo si venera; e per essere tale noi potremo presupporre in lui qualsiasi perfezione e dimostrare che egli fu quello sposo fortunatis-simo di cui scrisse l’Ecclesiastico: mulieris bonae beatus vir .
Giuseppe fu dunque sposo di Maria Vergine: Mulieris bonae, o meglio, Mulieris optimae; sposo datole singolarmente da Dio. Conviene dunque che egli non solo per stirpe, che fu reale, ma per stile di vita, per inclinazioni e per indole rassomigliasse più d’ogni altro uomo alla Vergine SS., poiché è noto che, in primo luogo, fra sposo e sposa si cerca la somiglianza, quindi si deduce, con alcuni segnalati Dottori, che Giuseppe è stato santificato fin dal seno materno.
Quantunque non si abbia di ciò infallibile certezza, mi pare giusto che ciò si possa pensare di colui che doveva essere dato alla Vergine per consorte, ed in conseguenza, dichiarato anche l’uomo a Lei più conforme. Altrimenti sarebbero stati a Lei più simili sia un Geremia profeta, sia un Giovanni Battista i quali furono santificati prima che nascessero. Per quale motivo a questi due doveva essere concesso un tal privilegio, mentre fosse poi negato a colui che doveva essere non profeta o precursore di Gesù Cristo, ma custode e padre putativo? E’ insegnamento di S. Tommaso che ogni cosa quanto più si avvicina al suo principio, tanto più perfettamente partecipa delle prerogative e delle proprietà singolari dello stesso suo principio. Così quel pianeta che è più prossimo al sole, è più folgoreggiante; quel calore che è più prossimo al fuoco, è più intenso, e così l’acqua è più cristallina e più limpida, quanto più la prendete vicino alla fonte. Ma se è così, come si può dubitare che quel Giuseppe, il quale è stato, per affinità e per ufficio, così unito a Cristo, sorgente di ogni santità, ne abbia poi partecipato in minor pienezza o con minor perfezione di quelli che furono più lontani dalla stessa sorgente? Chi, se togliamo la Vergine, trattò con Cristo più intimamente di Giuseppe? chi più di lui lo strinse al suo seno? chi più di lui poté baciarlo, accarezzarlo, goderne la compagnia e l’aiuto? Da questo principio bellissimo si deduce chiaramente che non solamente egli fosse santificato, come volevamo provare, nel seno materno, ma che fosse poi anche stabilito in grazia, in modo che nessun uomo sulla terra sia stato più santo di lui. Né vogliate, per questo, tacciarmi di temerario e di esagerato, poiché tale asserzione non è mia, ma di un Giovanni Gersone, di un Bernardino da Busto, di un S. Giovanni da Cartagena, di un S. Isidoro Isolano, e finalmente di un Suarez, il cui pensiero equivale a quello di un’intera università; i quali tutti concordemente asseriscono che Giuseppe fu più santo di qualunque altro uomo, eccettuata però sempre la sua sposa Maria. Che se voi mi opponete che non vi è stato mai nel mondo, come disse Cristo stesso, uomo maggiore di S. Giovanni Battista, io vi rispondo col Suarez, che nelle universali asserzioni, non vengono mai compresi, a rigor di legge, quei che, a causa di dignità sublimissima, s’intendono sempre eccettuati. Nessuno può negare che, nel caso nostro, si debba stimare tale Giuseppe, cioè colui, quem constituit Dominus super familiam suam . Ma su quale famiglia? Su quella che appartiene immediatamente al servizio dell’unione ipostatica. Si può, dunque, con ragione ripetere di Giuseppe, che nessuno probabilmente lo superò nella santità; anzi che egli superò in santità qualunque altra persona; e ciò non solo per le ragioni addotte fin qui, ma più ancora per quelle, ancora più splendide che sto per dire.
Come sapete, l’unione sponsale, richiede che la consorte non ami alcuno più caramente del marito. A nessuno ella dovrebbe pensare con maggior assiduità, per nessuno ella dovrebbe pregare con maggior ardore e desiderare per lui non minor vantaggi che a se stessa. Or chi c’è tra voi che possa dubitare che Maria non adempisse questo suo debito interamente? Non si comportò forse Giuseppe verso di Lei con una singolaris-sima tenerezza? Non faticò per Lei? Non si espose a mille disagi per salvarla? Io, dunque, affermo con convinzione, che Maria a nessun altro uomo portasse amore più grande, più intimo, più cordiale che a S. Giuseppe. Perciò quanto Ella doveva pregare per lui! Quanto ottenergli di grazia; quanto impetrargli di gloria, che è il bene sopra ogni altro desiderabile! Poiché la santità della donna, non so come, ha una forza tale, che per se stessa viene spesso a trasfondersi nel marito, anche se cattivo, secondo l’insegnamento di S. Paolo: vir infidelis santificatur per mulierem , possiamo noi credere con ragione che la santità di Maria, che fu così eccelsa, si trasfondesse abbondantemente anche nel cuore di Giuseppe, già disposto per sua natura alla santità. E come infatti non trasfondersi? E’ evidente che la semplice vista, anche casuale, di una persona da noi tenuta in conto di grande virtù, ci stimola fortemente ad imitarla; infatti di S. Luciano, nei suoi fasti sacri, si legge che col solo suo volto convertiva i gentili alla fede di Cristo, come altri li convertivano coi prodigi.
Non solo l’affetto personale verso i giusti, ma anche quello verso la loro effigie, possiede spessissimo una tale forza. Specialmente le immagini della Vergine noi sappiamo che operano nel cuore degli uomini effetti ammirabili: convertendo gli ostinati, infiammando i tiepidi, incoraggiando i tentati, e sempre suscitando nei cuori santi, sentimenti ardentissimi di carità, di pietà, di onestà, di mortificazione, di fede, di verecondia, come attesta di aver sperimentato in sé S. Bernardino da Siena. Che fervore, dunque, anzi che vampe di carità si suscitavano nell’animo di Giuseppe, il quale aveva notte e giorno dinanzi agli occhi, non l’immagine ma la persona vivissima di Maria, e parlava con Lei, e l’udiva, e l’accompagnava dovunque andasse, e con Lei abitava in una medesima casa, e con Lei mangiava ad un’unica mensa!
Vogliamo noi credere che egli non approfittasse di una opportunità così straordinaria per divenire santo?
Ma più ancora. E’ legge universale, da tutti riconosciuta, che chiunque si sposa con una regina, fosse pure un semplice pastorello, diventa re, e viene in possesso di tutti quei tesori, di tutti quei titoli, che porta con sé la dignità reale. Chi può mettere in dubbio che Maria è la regina di tutti i santi, come la chiama la santa Chiesa: Regina Sanctorum Omnium? Ma se Maria è regina di tutti i santi, conviene dunque che il suo Giuseppe sia il re di tutti i santi; e se egli è il re dei savi, dei forti, dei belli, non conviene che superi tutti gli altri in sapere, in fortezza, in beltà? E’ sufficiente, dunque, dire che il grande Giuseppe fu sposato alla Vergine, per affermare che in lui vi è ogni genere di virtù: che egli ha raggiunto un’altissima santità; che in lui risplende una dignità sovrumana, un decoro angelico.
Ma più ancora. Quel Dio dal quale dipendono tutte le creature, quel Dio che signoreggia i cieli, Quegli a cui si sottomettono riverenti tutti i principi, questo Dio stesso, per apparire quale figlio di Giuseppe, volle ubbidirgli, volle stare sotto la sua autorità domestica, sotto la sua direzione paterna e, come se non fosse capace di autogovernarsi, si volle a lui assoggettare: et erat subditus illis . Deducete voi qual candore, quale prudenza, quale abilità dovette avere chi venne eletto non solo per essere custode fedele dell’integrità verginale della sua sposa Maria, ma anche alla tutela del Dio fatto uomo! Sì, a Giuseppe fu consegnato dal cielo il Bambino Gesù perché lo scampasse dalle insidie dei persecutori, perché lo accompagnasse per vie difficili, per solitudini ignote, perché lo provvedesse di vitto, lo fornisse di vestito, gli procurasse una casa. Vi pare perciò che a tanto ufficio, per il quale sarebbe stata inadatta la carità degli stessi serafini, non dovesse il cielo ritenere molto adatto un sì grande uomo?
Senza dubbio Giuseppe adempì così bene l’ufficio che gli fu dato, non solo nel governare il suo Dio bambino, ma nel custodirlo, che poté giungere a dirgli con verità: « Voi mi dovete la vita »; perché quantunque non gliela avesse data, gliela aveva però conservata. Un uomo, al quale Dio doveva la sua vita, non doveva essere un uomo da Dio privilegiato, a Dio vicino e, in un modo straordinario, a Lui caro? Perciò, se per questa pura ragione, Mardocheo, come voi sapete, venne esaltato da Assuero con onori regali nel suo grande regno, non posso io credere che sia stato esaltato Giuseppe, da Gesù, nel suo regno celeste? Mardocheo non fece altro che un atto di fedeltà nel rivelare le insidie tramate contro la vita del monarca; Giuseppe invece fece molto di più, perché, non solamente rivelò le insidie, appena le seppe dall’Angelo, ma con la sua rara accortezza le deluse, le vanificò. Sempre più ritengo per probabile che in cielo egli goda i primi onori; sia pure inferiori alla Vergine sua Sposa, ma possegga anche lui il suo trono, porti il suo scettro e cinga anch’egli la sua corona come re, suddito solamente al Re dei re.
Né vi stupite di ciò, poiché Giuseppe è fra tutti gli altri uomini in così alto grado che non si può parlare di lui come degli altri. Tutti gli altri uomini, dopo che avranno fatto per Iddio quanto possono o quanto sanno, conviene che alla fine umilmente dicano: servi inutiles sumus : poiché nessuno vi è che possa recare a Dio alcun giovamento.
Ma, prodigi inauditi! Queste regole così universali, non valgono per Giuseppe. Egli solo può dire a Dio di non essergli stato servo inutile, ma importante e necessario poiché egli con i suoi sudori fece sì che non si vedesse un Dio mendico. Egli fece sì che Dio non morisse di fame, che Dio non gelasse dal freddo, che Dio non arrossisse per nudità. In tutte le necessità fu lui che diede al Dio-Uomo pronto soccorso.
Ora, se otterranno da Cristo, secondo la divina promessa, grande premio coloro che avranno soccorso Lui nei suoi poveri, quanto più abbondantemente sarà ricompensato colui che l’avrà soccorso nella sua persona? Chi accoglie in casa sua il profeta, in nome del profeta, avrà la mercede del profeta; chi riceve il giusto, in nome del giusto, ugualmente avrà la ricompensa del giusto; e perché dunque colui che ricevette Dio in nome di Dio, non riceverà la mercede di Dio, cioè una mercede proporzionata alla grandezza dell’Ospite che egli accolse?
Che se Giuseppe è quel santo così nobile, così sublime e, come molti vogliono, superiore ad ogni altro santo, chi tra voi, mie figlie, che fra tutti i suoi cari santi avvocati particolari, non voglia in primo luogo avere Giuseppe? Gli altri santi hanno, è verissimo, grande autorità presso Gesù Cristo, ma domandano, non comandano. S. Giuseppe, invece, è in tale stato che, come animosamente parlò il Gersone, non impetra ma comanda: non impetrat, sed imperat . Non è inverosimile che Cristo anche in cielo conservi verso Giuseppe quell’amore filiale, se così è lecito dire, che Egli ebbe in terra. E perciò chi può dubitare che Gesù non accolga ogni supplica di S. Giuseppe, qual paterno comando, e come tale la esaudisca più prontamente che quella di qualunque altro? Ubbidiente come
era in terra, così ora nel cielo? Tutte, dunque, mie figlie, tutte prendetelo per vostro protettore, con grande fiducia, poiché egli ha in sé sufficientissimi motivi per salvare tutte.
Prendetelo come vostro avvocato singolarissimo, per custodire più illibato il candore della vostra verginale purezza; per sopportare in pace i pesi della povertà evangelica e tutti i travagli e le tribolazioni di questa misera vita; per vivere tra voi con vicendevole carità; per condurre, insomma, una vita santa e irreprensibile, onde ottenere morendo un’agonia soave e consolante.
S. Giuseppe morì avendo da un lato Gesù e dall’altro Maria. Gesù e Maria gli chiusero gli occhi con le loro mani; e anche lui, come è molto credibile, morì di puro amore. Quali altri accenti dovette egli avere sulle labbra in quel momento se non questi così dolci: Gesù e Maria? Noi felici se egli impetrerà anche a noi un tale privilegio! Sì, chiediamoglielo istantemente e non dubitiamo; poiché, se egli vuole, ben può alla fine della nostra vita condurre nella nostra camera Gesù e Maria, e far sì che noi, vedendo loro, spiriamo quasi in un’estasi di amore; spiriamo tra le loro braccia; spiriamo, come io desidero a quante voi siete, con soavità celestiale, nel bacio del Signore, in osculo Domini. Amen.