AMORE DI GESÙ VERSO IL PADRE NEL RISPETTO CHE GLI PORTÒ
(Prima Istruzione)
Gesù Cristo, perché amò Suo Padre perfettamente, Gli obbedì pure perfettamente in tutte le cose. Questa verità, Sorelle mie, noi l’abbiamo toccata quasi con mano, se ben ricordate, nelle ultime due istruzioni, e non era per se stessa difficile a persuaderci, poiché possiamo logicamente dimostrare che è giustissima la bella sentenza dell’Apostolo S. Giovanni, il quale dice che l’amore verso Dio consiste sostanzialmente nell’osservare i Comandamenti.
Ma io aggiungo di più: Cristo Signor nostro, quanto più amò Suo Padre, tanto più ancora Lo rispettò, cosicché in Lui procedevano di pari passo la riverenza e l’amore.
Così anche i Santi: Essi crescevano nell’umiltà e nella sottomissione a Dio, nella stessa misura con cui progredivano nell’amore verso di Lui; così finalmente sarà in Paradiso, dove la carità sarà perfetta, perfettissimi saranno pure il rispetto e la sottomissione con cui tutti insieme adoreremo e ameremo il Sommo Bene.
Fissiamo ancora, Sorelle mie, il nostro sguardo sul nostro divino Maestro Gesù e vediamo le belle lezioni di amore pratico verso il Padre celeste, nel grande rispetto che Gli mostrò in tutto il corso della Sua vita mortale:
a) con gli atteggiamenti esterni della persona;
b) con i sentimenti interiori del cuore;
c) con i sentimenti che comunicò pure ad altri.
In questo modo impareremo noi pure, ciò che dobbiamo fare per testimoniare che amiamo Dio di vero amore.
Gli atti esterni di rispetto e di riverenza che si usano verso qualsiasi persona, se non fossero congiunti all’interno sentimento del cuore, bisognerebbe tenerli in ben poca stima; quando, però, vengono dal cuore e non sono che l’espressione sensibile degli interni sentimenti dell’anima, allora è fuori dubbio che sono molto pregevoli e voluti da quel Dio, il Quale è autore in noi dell’una e dell’altra sostanza che ci compone, cioè dell’anima e del corpo. In tale modo, cioè con tutto l’affetto del cuore, li praticò il nostro divino Maestro.
Leggendo il S. Vangelo, noi troviamo sovente Gesù nel Tempio, anzi tutte le volte che si recava a Gerusalemme, sembrava che non avesse altro albergo in cui dimorare, altra stanza in cui soggiornare che la Casa del celeste Suo Padre. Che cosa Egli faceva in questa Casa? Egli stesso dice che vi stava ogni giorno insegnando al popolo la divina Sua Legge. Ma possiamo noi dubitare che non si prostrasse, anche, per terra per adorarvi l’eterno Suo Genitore?
Quale sarà stata la Sua esteriore compostezza, quali gli affetti del Suo cuore in tale atto! Come saranno rimasti edificati quei buoni ebrei che aspettavano la redenzione di Israele!
Quando poi si trovava fuori di Gerusalemme, era Sua abitudine recarsi nelle Sinagoghe, «secundum consuetudinem suam» ci dice S. Luca; e ivi sebbene non si offrissero sacrifici, tuttavia vi si cantavano i Salmi, vi si leggevano brani o della Legge o dei Profeti, e tutto questo Gesù faceva con gli altri ebrei, per dare pubblica testimonianza della Sua venerazione verso il Padre, ma il tutto faceva in modo più perfetto degli altri.
È pure espressione della Sua grande venerazione verso il Padre quel Suo sollevare tanto spesso gli occhi al Cielo.
Quando vuole sfamare con un miracolo la folla che Lo seguiva, alza gli occhi al Cielo.
Quando vuole richiamare Lazzaro dalla morte alla vita, solleva prima gli occhi al Cielo.
Quando vuole operare il miracolo dei miracoli, cioè la transustanziazione del pane nel Suo adorabile Corpo, prima alza gli occhi al Cielo.
Ma questo sollevare gli occhi al Cielo che Gesù fa, non è altro che una palese manifestazione che Egli, in quanto uomo, riconosce dal Padre quel potere, in virtù del quale operava così grandi prodigi.
Per questo motivo, non soltanto innalza gli occhi al Cielo, ma Gli rende espressamente grazie; dispensa pani e pesci a cinquemila uomini nel deserto, dopo aver reso grazie al Celeste Suo Padre; richiama in vita Lazzaro dopo aver detto: «Padre, vi rendo grazie, perché mi avete esaudito»; benedice e spezza l’Eucaristico Pane per distribuirlo, dopo aver reso grazie a Dio. Anzi, quest’ultima volta, poiché si tratta del più grande prodigio che abbia operato, volle cantare un solenne inno di ringraziamento.
Quanto è dissimile il mio cuore da quello di Gesù! Come io sono negligente nel rendere grazie a Dio e come sono trascurato negli altri atti di venerazione verso di Lui! Il mio divin Salvatore, vive sempre alla divina Presenza, rivolge spesso gli occhi del corpo, e sempre quelli dell’anima, al Celeste Suo Padre, ed io invece vivo così spensierato che quasi mai, durante il giorno, rivolgo un affetto o un pensiero a Dio.
Il Padre, a sua volta, fissa sopra Gesù lo sguardo della Sua compiacenza, e sempre Lo accompagna nel difficile cammino che Gli ha dato da percorrere.
Io, al contrario, rivolgendomi così di rado al Signore, mi rendo sempre più indegno dei Suoi sguardi amorosi. D’ora innanzi, però, non sarà più così: cercherò, ad imitazione di Gesù, d’innalzare i miei occhi a quei monti da cui solo può venirmi soccorso. Il mio soccorso non può venire che da Dio, Creatore del Cielo e della terra; a Lui, dunque, come un povero servo alle mani del suo buon padrone, terrò io rivolto i miei occhi, né mai cesserò di riguardarLo, finché Egli non abbia misericordia di me. Egli infine, l’avrà certamente, poiché dice: «A chi rivolgerò Io lo sguardo della mia compassione, se non al povero e al contrito di cuore che teme le mie parole?»
Se noi, Sorelle mie, vogliamo comprendere ancora più profondamente l’esterna riverenza di Gesù verso il Padre, che è sempre espressione di quella interio-re, entriamo nell’orto del Getsemani, in cui Gesù si ritira prima di dare inizio alla Sua santa passione. Di quanti misteri è ripieno quell’orto, e quanto volentieri vi entravano i Santi e vi si intrattenevano a meditare!
Prima di tutto, S. Luca dice che Gesù, prostratosi in ginocchio, incomincia a pregare; S. Matteo aggiunge che mentre prega, cade bocconi per terra.
Mirate attentamente, Sorelle mie, il nostro divino Redentore con la faccia per terra al cospetto di Dio Suo Padre. Non vi meravigliate più che Davide salti davanti all’Arca, quasi dimentico della sua dignità regale, poiché qui abbiamo Colui che, pur essendo assai più di Davide, noi vediamo non solamente prostrato in ginocchio, ma umiliato fino a prostrare a terra la Sua divina faccia.
O volto bellissimo del mio Gesù che innamorate gli Angeli, come Vi vedo sfigurato nella polvere! 0 terra fortunata che ne ricevi l’impronta, conservala quale monumento perpetuo dell’infinito rispetto con cui il Figlio di Dio, fatto Uomo, onora Suo Padre.
Con tale annientamento, Sorelle mie, Gesù offre alla nostra considerazione, la Sua grande missione di mediatore tra Dio e gli uomini e Lo vediamo ricoperto dei peccati di tutto il mondo, per i quali deve soddisfare la Divina Giustizia. È così grande la confusione che sente e l’orrore che prova, vedendosi in quell’orribile aspetto di peccatore alla presenza di un Dio così santo, che non osa alzare gli occhi al Cielo, ma con la faccia a terra, cerca di nascondersi, per non offendere quello sguardo purissimo che non tollera neppure l’ombra del peccato.
Eppure i peccati, per i quali Gesù tanto si umilia, non sono Suoi, perché Egli, anche come uomo, è santo ed essenzialmente impeccabile. Questi bruttissimi peccati che tanto fanno vergognare il mio Redentore, sono miei; io li ho commessi; sono opera delle mie mani, hanno origine dal mio cuore corrotto.
Come mi presento io al cospetto del mio Dio per chiederGli perdono? Forse, simile al fariseo evangelico, avanzo con passo franco e a fronte spiegata, a provocarne piuttosto la giusta vendetta che a placarne la giustizia offesa. Dovrei, piuttosto, imitare quel pubblicano, che standosene in fondo al tempio, non osava nemmeno alzare gli occhi da terra e battendosi il petto diceva: «O mio Dio, siate propizio con me peccatore!» Sì, io lo devo, io lo voglio. Datemi, dunque o Signore, questo amore riverenziale che è caratteri-stico dei vostri servi.
Sono i superbi che non sanno umiliarsi, ma il giusto con le belle parole del profeta, dice: «A Voi, Signore, quella gloria che è giusta, a me soltanto la confusione del mio volto».
Non importa, Sorelle mie, che vi sia anche tra di noi chi ci derida, quando ci umiliamo davanti a Dio con atti esteriori, purché, come già dissi, siano accompagnati dall’interno affetto del cuore.
Osservate bene Gesù. Il nostro divin Maestro riverisce il Celeste Suo Padre con parole e con atti, e il Padre, a Sua volta, onora Gesù con parole e con fatti, premiando largamente quella riverenza che Gli presta.
Si legge nel Nuovo Testamento, che il Padre Eterno fece udire la Sua voce in esaltazione del Suo benedetto Figlio, che tanto si umiliava per darGli Gloria. Il Divino Genitore parla, quando Gesù riceve il battesimo da S. Giovanni Battista e dice: «Questi è il mio Figlio Diletto in cui mi sono compiaciuto, ascoltatelo». Parla sul Tabor, quando Gesù da’ un saggio della Sua divinità ai Suoi discepoli e ripete lo stesso elogio.
Che diremo poi della prova dei fatti? Basta accennare, per ora, che il Padre diede a Gesù, anche come uomo, il potere di ogni cosa, sia nell’ordine naturale, come in quello soprannaturale. Risorto che fu da morte, oltre il potere assoluto in Cielo e in terra, Lo fece pure sedere alla Sua destra, e Gli diede la gloria di un nome che è al di sopra di ogni altro nome. Infatti, all’adorabile nome di Gesù si prostra ogni ginocchio, sia degli Angeli in Cielo che degli uomini in terra e perfino dei demoni nell’inferno, e ogni lingua confessa che Gesù Cristo, nostro Signore, è nella gloria, uguale a Dio Suo Padre.
Quanto è vero, mio Dio, che a chiunque Vi onora, Voi rendete onore e gloria. È vero, però, che chi Vi dimentica, e non Vi rende il rispetto che Vi è dovuto, sarà da Voi dimenticato. Io voglio vivere sempre alla Vostra divina presenza e lodarVi fino al termine della mia vita.
«Riempite Voi di lodi e di inni melodiosi la mia bocca, perché canti tutto il giorno la Vostra grandezza e la Vostra magnificenza». Così si rivolgeva al Signore il profeta Davide, e così dobbiamo fare pure noi, Sorelle mie, se vogliamo imitare l’amore riverenziale che, vivificato dagli affetti del cuore, Gesù continuamente prestava al Suo celeste Padre. Amen.