Amore di Gesu verso il Padre 1

 

AMORE DI GESÙ VERSO IL PADRE NELLA SUA OBBEDIENZA

(Prima Istruzione)

Venuto Gesù Cristo dal Cielo in terra unicamente per accendere nel cuore degli uomini il santo amor di Dio, era ben giusto che Egli, dopo aver distrutto in noi la triplice concupiscenza che era di impedimento all’amore santo di Dio, e dopo averci insegnato ad amare in parole, in fatti e in patimenti il nostro prossimo, come disposizione necessaria ad amare Dio, ci mostrasse finalmente tutto intero l’amante Suo cuore, dove sempre arde quel fuoco che deve consumare i nostri cuori in perfetto sacrificio a Dio, e ci svelasse quella fiamma beatissima, la quale, vincitrice di ogni ostacolo, si solleva fino a Dio, e la imprimesse stabilmente nelle nostre anime.

Gesù fece appunto questo nel mostrarci l’amore immenso, infinito ed eterno con cui Egli ama il suo Padre Celeste: amore da Lui comprovato con l’opera, come fece dell’amore che nutriva verso gli uomini.

Se l’amore che portava agli uomini, Gesù ce lo dimostrò mirabilmente nel fare per essi quanto poté di bene nel dire a loro favore quanto poteva loro giovare nel patire per essi ogni sorta di patimenti; il Suo amore verso il Padre ce lo dimostra stupendamente nell’obbedienza che prestò a Lui prontissima ad ogni Suo cenno esattissima ai Suoi voleri anche più minuti, generosissima anche nei comandi più difficili. Rinnoviamo dunque, sorelle mie, la nostra attenzione sopra queste sublimi lezioni di divino amore che ci ha dato Gesù Cristo e, dal Suo esempio, impariamo noi pure il modo di amare Dio sinceramente.

Consideriamo, questa sera, la prontezza che ebbe Gesù, nostro divino Maestro, nell’obbedire all’eterno suo Padre, e poi vedremo, nella seguente istruzione, la Sua esattezza nell’eseguire ogni minimo volere e la Sua generosità nel compiere ogni comando anche difficile; tutto con l’intenzione di offrirci quei pratici insegnamenti che alla luce di così celeste dottrina, riconosceremo di esserne bisognose e di necessitarne.

Generalmente, quando si tratta di obbedienza, si trovano sempre delle opposizioni e dei pretesti in chi deve obbedire: è raro, infatti, il caso che si trovi chi obbedisca prontamente, senza frapporre indugi o addurre pretesti. Ma sapete, Sorelle mie, donde procede per noi questo disordine? Procede dalla mancanza di amore; è perché non si ama ciò che viene comandato, o meglio, non si ama la persona che ordina e comanda. Sì, bisogna dirlo ad onor del vero, quando l’obbedienza non parte dal cuore, quando cioè non si ama ciò che viene ordinato, essa non è mai pronta, ma trova sempre difficoltà e brontolamenti in chi la deve eseguire. Quanto, dunque, era necessario anche qui l’esempio di Gesù Cristo! Egli, Figlio di Dio e nostro grande modello, perché amava veramente di sincero amore l’eterno Suo genitore, fu sempre prontissimo nell’obbedirGli in ogni Suo cenno.

Fin dal momento della Sua incarnazione, quando entrò nel mondo, dove era stato fin dal principio come creatore, si volge senza indugio al Suo Celeste Padre e Gli dice: «Non hai voluto, o Padre, né ostie, né oblazione, ma mi hai dato un corpo; non ti sono piaciuti olocausti e sacrifici, allora Io dissi: – Ecco io vengo, come è scritto nel rotolo del libro, o mio Dio, ad adempiere la tua volontà; sì, così voglio, mio Dio, e ho posto la tua legge nel mezzo del mio cuore».

Non ha ancora compiuti i dodici anni di età che, lasciando la compagnia così dolce della Sua cara Madre, non badando al dolore dei Genitori che ne sarebbe seguito, rimane solo nel Tempio a disputare con i dottori. Al rimprovero di Sua Madre, Egli da una risposta meravigliosa: «Non sapevate Voi che mi conviene essere tutto, in ciò che riguarda mio Padre?» Queste sono le precise parole di Cristo che ci tramandano i S. Vangeli e sono, come ognun vede, parole di obbedienza perfetta. Da ciò noi possiamo imparare che il nostro divino Maestro cominciò ad obbedire fin dal momento in cui cominciò la sua mortale carriera; cominciò ancora a parlarne per istruire i suoi fedeli, tanto Egli amava così bella virtù e tanto veramente la portava scolpita nel cuore come legge.

A trent’anni circa, essendo già battezzato nel Giordano, ci dicono gli Evangelisti, fu dallo Spirito condotto nel deserto per essere tentato dal diavolo. Ma l’Evangelista S. Marco, quasi a metterci sott’occhio la prontezza del Figlio di Dio nell’esegui-re questa volontà del Padre, dice che «subito» venne spinto dallo Spirito nel deserto. È evidente il modo con cui il buon Gesù obbediva al volere del Padre Suo, cioè «subito» « statim », senza frapporre indugio, senza addurre scuse, senza motivare pretesti; «subito» con tutta la veemenza e la determinazione, sia del Suo spirito che del Suo cuore.

In questo stesso modo, possiamo affermare sinceramente, Egli obbedì sempre in tutti i momenti della Sua vita. «Io devo – diceva Egli una volta – fare le opere di Colui che mi ha mandato, finché è giorno; poi viene la notte quando nessuno può operare». Così soleva fare questo obbediente ed amoroso Figlio, quanto il Padre voleva, con ogni prontezza, prima che si concludesse la Sua missione terrena. Di conseguenza Egli non si arrese alle istanze delle turbe che un giorno, lo volevano trattenere nei dintorni di Cafarnao, ma se ne partì dicendo che doveva annunziare il Regno di Dio ad altre città, perché a tal fine era stato inviato. Infatti, soggiunge subito il testo evangelico, Egli andava predicando per le sinagoghe della Galilea: non soltanto in quella di Cafarnao, dove aveva molto spesso conversato, ma con uguale prontezza andava in tutte, dove il cenno paterno L’avesse chiamato.

Quando poi giunse il tempo di consumare in Gerusalemme il sacrificio della Sua vita, con quale sollecitudine Gesù vi si recò, vittima volontaria per esservi immolato! Dice S. Marco che Egli, in quel viaggio, precedeva tutti, e che i Suoi discepoli Lo seguivano pieni di meraviglia e di spavento. Avevano ben ragione di meravigliarsi, perché in Gesù tale fretta non era solita; ma avevano ancor più ragione di temere per il loro caro Maestro, perché pensavano che quella fretta Lo avrebbe condotto ad una morte crudele.

Quale esempio a nostra confusione, Sorelle mie! Siamo noi così pronte nell’obbedire ai divini voleri che ci vengono manifestati o da Dio direttamente mediante segrete ispirazioni, o che ci vengono manifestati da Lui mediante chi Lo rappresenta sulla terra, quali i superiori, come ci insegna Gesù? Non è alla morte, né alla morte di croce, dove ci chiama spesse volte la voce del buon Dio; eppure quanto ci mostriamo ritrose, quante scuse siamo solite addurre, quanti lamenti facciamo per non eseguire quello che ci viene comandato; diciamo la verità e, almeno in questo, diamo gloria a Dio!

Tutto ciò avviene perché non portiamo scritta nel cuore la Sua legge santissima, perché, in una parola, non amiamo ciò che ci viene comandato.

Scolpite, dunque, mio Dio, scolpitela nel cuore degli uomini, perché allora solamente Voi sarete davvero il nostro Dio e noi saremo il Vostro popolo prediletto.

Non è scritto che l’uomo obbediente canterà vittoria? Noi pure, dunque, canteremo vittoria, e non una o due volte solamente, ma sempre vittoria, tutte le volte che ubbidiremo quando ci manifesterete la Vostra volontà. Non saremo più incerte nel Vostro servizio, né cederemo alle molteplici tentazioni, perché la Vostra legge, o Dio, starà scolpita nel nostro cuore e, stando nel nostro cuore, noi l’ameremo come amiamo Voi, e l’amor Vostro renderà possibile, anzi facile, ogni cosa.

Ma Gesù Cristo, Sorelle mie, se fu pronto nell’obbedire quando la volontà del Padre era manifesta, fu pure paziente e rassegnato nell’aspettare il tempo e il momento. Questo modo di obbedire non è meno necessario del primo, a chi voglia amare con perfezione, per cui, come è colpa non obbedire prontamente, così è presunzione e colpa detestabile voler prevenire la volontà di Dio e seguire il nostro modo di vedere e di pensare.

Torniamo dunque, Sorelle mie, a fissare lo sguardo nel nostro divino Maestro e, infiammate del Suo amore, operiamo quietamente, frenando gli impeti sregolati del nostro amor proprio.

Gesù, acceso di amore per il Padre, desiderava ardentemente di annunziare ai popoli, sepolti nell’ombra di morte, la parola di vita, per così presentare al Suo celeste Padre un popolo perfetto che Lo adorasse in spirito e verità. Invece, come ben sapete, fin quasi all’età di trent’anni non si mostrò in pubblico, non fece sermoni, non operò miracoli. Perché ciò? Perché l’ora Sua non era ancora giunta, cioè non era ancora arrivato il tempo fissatoGli dal Padre per manifestarsi al mondo. Finalmente, questo tempo arriva ed Egli si fa conoscere, predicando il Regno di Dio.

Il voto più ardente del cuore di Gesù era quello di compiere, al più presto possibile, la grande opera dell’umana redenzione. Egli stesso in più luoghi asserisce di essere venuto al mondo per questo; e giunge perfino a confessare che questo desiderio Lo teneva ansioso. Nondimeno reprime questa ansia dell’amante Suo cuore e sfugge tutte le occasioni che Gli si presentano di morire, per aspettare il momento che al Suo divin Padre piaceva. Nega pertanto ai Suoi congiunti di andare con loro pubblicamente a Gerusalemme,

perché i giudei cercavano di ucciderLo; i Suoi nazaretani volevano precipitarLo dalla rupe, ma Egli passa in mezzo a loro senza lasciarsi toccare. Mentre stava per essere lapidato, calma con dolci parole gli animi inferociti; fugge al di là del Giordano e si nasconde, quando è cercato a morte prima del tempo prefisso.

O mio divin Salvatore, quale grande esempio Voi mi date, quando Vi vedo, pochissimi giorni prima della Vostra passione, andare in una regione confinante col deserto, nell’umile città di Efraim, per aspettare, in silenzio, con i Vostri discepoli, il cenno dell’Eterno Vostro Padre! No, non fuggirete, né Vi terrete nascosto quando questo cenno sarà dato. Anzi, con tenero affetto, Voi direte allora al Vostro Padre, che l’ora è venuta, che quindi glorifichi Egli il Suo Figlio, affinché il Figlio glorifichi il Padre. Allora direte con fermezza alla soldataglia che siete Voi Colui che essi cercano: «Ego sum», e che non prendano altri in vece Vostra. Quale grande lezione è questa per me!

Dunque, gli impeti, le impazienze, la smania anche per cose buone, non sono conformi al Cuore di Gesù. Nelle Sue azioni e nel Suo agire, Gesù non cerca che la gloria del Padre e perciò aspetta con pace l’ora del Suo beneplacito. Io, invece, nel mio operare, cerco il segreto contentamento delle mie naturali inclinazioni; cerco il mio comodo; cerco forse anche il mio onore e la mia soddisfazione, ed è per questo che non so starmene quieto e, con trasporto, desidero avere grandi talenti, vari onori e notevoli uffici, con il falso pretesto di poter lavorare di più a gloria di Dio e a vantaggio del prossimo.

Vi ringrazio, mio Dio, di un insegnamento che mi era tanto necessario; imparerò dal Vostro esempio a mettere in pratica questa obbedienza che sa aspettare e tacere. Sì, mi persuaderò che nessuna opera è grande in se stessa, che nessun ufficio è desiderabile in se stesso, se non in quanto è volontà di Dio che io faccia quell’azione o che io occupi quell’ufficio. Sarò, così, in tutto e per tutto simile a Voi, cioè pronto nell’eseguire ciò che mi verrà comandato, e tranquillo e rassegnato, nel mio agire, nell’aspettare i cenni del divino beneplacito.

E voi che dite, Sorelle mie? Non vi sembra che dovete fare anche voi altrettanto? Si deve obbedire con prontezza sia alle interne ispirazioni, come alla voce dei vostri superiori, in tutto ciò che vi viene comandato; ma si deve anche saper comprimere gli impeti sregolati del cuore, nel desiderare più una cosa che l’altra, quantunque buona e santa, e aspettare, con pazienza e rassegnazione, senza lamentarsi, che giunga il momento che Dio ha segnato per l’esecuzione di ciò che Egli vuole.

Noi non possiamo salvarci, se non facciamo la volontà di Dio. Ora Dio ci manifesta la Sua Volontà, come già sapete, o per Se stesso o per mezzo di altri: per Se Stesso, nelle divine Scritture e nelle segrete ispirazioni che ci parlano al cuore; per mezzo di altri, poi, nei vari ordini che ci vengono da coloro che fanno le Sue veci.

L’obbedienza, dunque, è la virtù che ci deve stare più a cuore: dobbiamo obbedire non solo a Dio, ma anche agli uomini, cioè a tutti quelli che abbiano qualche autorità sopra di noi; e bisogna obbedire in tutto ciò che non sia peccato; e obbedire con amore e con fede, riguardando, nella persona che ci comanda, non l’uomo ma Dio stesso, nel nome del Quale egli ci comanda.

S. Margherita Maria Alacoque seppe così bene imitare nell’obbedire il suo divino Maestro Gesù Cristo che, fin da giovanetta, obbediva allegramente a tutti in ogni cosa, anche ai duri comandi delle persone di servizio che la governavano. Da religiosa poi, dalla sua Superiora veniva spesso distolta dal suo prediletto esercizio dell’orazione, perché si occupasse in cose esteriori e a volte perfino nella custodia di una asinella che, col suo puledro, conduceva al pascolo nel giardino di casa; la buona religiosa lasciava con prontezza la Chiesa per seguire gli ordini della santa obbedienza. Questa sua obbedienza così esatta anche nelle cose più umili, partiva da una fede viva, che le faceva vedere Dio nella persona di chi le comandava. Sebbene Gesù Cristo – come scrive ella stessa – fosse il suo direttore, tuttavia non permetteva che ella facesse cosa alcuna di quanto le ordinava, senza il consenso della sua Superiora, alla quale voleva che obbedisse, per così dire, più esattamente che a Lui stesso. E perché una volta sentì un piccolo moto di dispiacere per un certo ufficio che le impediva di fare orazione con le altre sue consorelle, il Signore subito la riprese, dicendole che l’orazione di sottomissione e di sacrificio che si fa obbedendo, Gli è assai più gradita della contemplazione e di ogni altra speculazione più santa che si possa fare.

Ecco, Sorelle mie, gli efficaci esempi di vera obbedienza che Gesù ha voluto che avessimo sotto gli occhi. Noi beate se sapremo imitarli! Amen.