Suore dell'Immacolata

Amore di Gesu nell istituire l Eucaristia 2

 

AMORE DI GESÙ CRISTO NELL’ISTITUIRE LA SS. EUCARISTIA

(Istruzione tenuta ai fedeli)

L’augustissimo Sacramento, che noi adoriamo su questi altari, o fratelli, è il grande segno dell’ineffabile carità, dello svisceratissimo amore di Dio verso di noi.

Grande prova d’amore, è vero ci diede Dio nel crearci dal nulla e nell’arricchirci di tanti doni naturali e soprannaturali; più grandi prove di carità ci diede nello scendere sulla terra per noi e nel vestirsi delle nostre spoglie mortali, per farsi uomo come noi; nel nascere tenero bambino in una grotta, condurre una penosissima vita e, finalmente, nel versare il Suo sangue fino all’ultima goccia, morendo confitto su di una croce per sciogliere noi dalle obbrobriose catene del peccato e dalla pena eterna dell’Inferno, e per aprirci le belle porte del Paradiso.

Ma mettere tutto ciò a confronto di quella eccessiva carità, che ci mostrò Gesù Cristo pochi istanti prima della Sua crudelissima morte con l’istituzione dell’augustissimo Sacramento dell’altare, è come paragonare i primi albori della luce del sole al suo perfetto meriggio.

Il divin Salvatore qui fece l’ultimo sforzo per farci comprendere la grandezza del Suo amore verso di noi.

Il Concilio di Trento dice che Egli qui profuse le ricchezze inesauste della Sua ineffabile carità verso gli uomini.

L’angelico S. Tommaso chiama il SS. Sacramento il più grande pegno d’amore che poteva darci un Dio, il compendio di tutti i miracoli e di tutte le meraviglie operate da Dio, perché in Esso veramente: memoriam fecit mirabilium suorum misericors et miserator Dominus.

Come vorrei io mostrarvi le grandi meraviglie operate dal Signore nell’Istituzione dell’Eucaristia! Poiché il tempo non me lo permette, mi limiterò a parlare della grandezza dell’amore che in questo divin Sacramento ci dimostrò Gesù Cristo, affinché ognuno di noi, preso santamente dall’ammirazione di tale eccesso di carità, con animo riconoscente e grato, esclami col Profeta: «Che cosa renderò al Signore per tutto ciò che ha fatto per me?», con l’aggiunta di S. Bernardo: «Che darò a Te, mio Signore, se non Te stesso?».

Per ben conoscere la grandezza che dimostrò a noi, sue creature, il nostro divin Salvatore nell’isti-tuire questo augustissimo Sacramento, bisogna rilevarlo:

1°) dalla preziosità del dono che in esso ci ha fatto;

2°) dall’affetto con cui ce lo fece;

3°) dall’utilità che ce ne deriva.

1) Che cosa ci dona nell’Eucaristia l’amorosissimo nostro Redentore?

Voi lo sapete, o fratelli: il Suo corpo, il Suo sangue, i Suoi meriti, le Sue virtù, la Sua anima, la Sua divinità. Sapendo il buon Gesù che era ormai vicino il tempo in cui doveva partire da questo mondo per ritornare al Cielo, da dove era disceso, fece l’ultima cena coi Suoi discepoli e, dopo aver compiuto quanto prescriveva la legge mosaica, stando a mensa, prese il pane, rese grazie, lo benedisse, lo spezzò e, porgendolo ai discepoli disse loro: «Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo»; fece ugualmente col vino: lo benedisse, lo distribuì ai discepoli dicendo loro: «Questo è il mio Sangue». Del pane e del vino non restarono che le apparenze. Stupendo prodigio dell’onnipotenza di un Dio!

Nell’atto stesso ordina Sacerdoti gli apostoli e, negli apostoli, tutti i loro successori nel sacro ministero e dà loro la potestà di rinnovare in perpetuo, nella Sua Chiesa, un così stupendo mistero.

Infatti, se non si può negare che l’amore si alimenta e si conserva con doni, e con lo stesso mezzo si manifesta e si palesa, così non si può negare che quanto più il dono è singolare ed eccellente, tanto più grande ed ineffabile si manifesta e si svela l’amore di colui che largisce un tale dono.

Quale umano intelletto potrà immaginare la preziosità e l’eccellenza del dono che ci ha fatto l’amantissimo nostro divin Salvatore nell’Eucaristia? In questo Sacramento non ci ha donato l’essere o la vita, come fece nel crearci dal nulla; non ci ha donato soltanto la Sua grazia e parte dei Suoi meriti, come negli altri Sacramenti, ma ci ha donato tutto Se stesso: il Suo corpo, il Suo sangue, tutti i Suoi meriti, la Sua anima e la Sua divinità.

Voi lo sapete, fratelli: ve lo insegna la fede. Venuto il tempo in cui il divin Salvatore Gesù Cristo doveva partire dal mondo per ritornare in Cielo alla destra del Padre, il Suo buon cuore e l’ardentissima Sua carità non Gli permisero di allontanarsi corporalmente da noi; poiché aveva asserito di trovare le Sue delizie nell’abitare e nel conversare con noi, studiò il modo di restare con noi anche dopo la Sua partenza dal mondo.

O stupendi prodigi di un Dio amante! Nell’Ostia consacrata non c’è più pane, ma vi è sostanzialmente Gesù Cristo in corpo, sangue, anima e divinità, quel Gesù stesso che Maria adagiò nel presepe a Betlemme, lo stesso che per la nostra salvezza sparse tanti sudori, fu lacerato da tante piaghe e che sull’alto della croce si offerse per noi, in sacrificio al Suo divin Padre e che un giorno sarà giudice dei vivi e dei morti.

Qual pegno d’amore più singolare, più grande poteva darci l’amantissimo Redentore, di quello di lasciarci tutto Se stesso in cibo e in bevanda?

S. Agostino dice: quantunque sia Dio onnipotente, dandoci Se stesso nel divin Sacramento, non poteva darci di più; quantunque sapientissimo non seppe darci di più; quantunque ricchissimo, non ebbe altro da darci di più.

Qui, si può dunque ripetere col discepolo prediletto, che il buon Gesù, dopo tante prove d’amore date agli uomini in tutto il corso della Sua vita, in questo divin Sacramento fece l’ultimo sforzo della Sua onnipotenza e del Suo amore.

2°) Ciò che manifesta l’amore di colui che dona, non è tanto la preziosità e l’eccellenza del dono, quanto l’affetto di chi lo elargisce. Anche in questo, l’amore di Gesù Cristo nell’augustissimo Sacramento è ineffabile e incomprensibile.

Noi sappiamo dal Vangelo che ci ha fatto un tale dono con tutta la pienezza dei Suoi affetti e con tutto l’ardore del Suo cuore, così che spesso nella Sua vita desiderò questo momento.

Ciò lo possiamo dedurre: :

a) dal tempo in cui istituì questo Sacramento;

b) dal modo con cui lo ha istituito;

c) dalle difficoltà che superò per tale istituzione.

a) Il tempo fu nella notte precedente alla Sua dolorosa passione, mentre gli uomini pensavano di darGli una crudelissima morte, preparavano funi per legarLo, flagelli per squarciarGli le carni, spine per coronarGli la fronte, chiodi per configgerLo al duro legno della croce.

Fu allora che Egli diede agli uomini questo cibo di vita, trovando così il modo di rimanere sempre con noi.

b) La maniera in cui ci viene dato è sotto le specie di cibo, per poter divenire talmente nostro che, come non c’è arte che possa separare dalla nostra sostanza quel nutrimento che si è già diramato per tutto il nostro corpo né forza che ci possa separare da lui, così non vi è né arte né forza che possa separarci da Gesù.

c) Quante difficoltà dovette poi superare per farci un tanto bene!

Egli previde fin da allora tutte le ingiurie, tutti gli oltraggi, tutti gli insulti che avrebbe dovuto patire in questo divin Sacramento nel corso dei secoli, da tanti eretici e cattivi cristiani; previde le numerosissime irriverenze che si sarebbero commesse nelle Chiese alla Sua presenza, da tanti tiepidi o malvagi cristiani; previde un numero senza fine di sacrilegi con cui avrebbero macchiato le loro anime tanti disgraziati che sarebbero andati a riceverLo nella S. Comunione in peccato mortale; nonostante ciò l’accesissima Sua carità non si arrestò e si dispose a tollerare ogni cosa, a tutto soffrire per poter unirsi e immedesimarsi con l’anima nostra.

A questa tolleranza aggiunse il desiderio: DESIDERIO DESIDERAVI. Mentre per venire nel mondo ad incarnarsi si fece aspettare per tanti secoli, ora, per venire nel nostro cuore, sollecita Se stesso con ardentissime brame, degne solo del Suo cuore divino.

3°) Chi potrebbe immaginare così grandi finezze di amore, se non ce le scoprisse la fede? Voler beneficare gli uomini e beneficarli nel modo più singolare, nell’atto stesso che questi Gli preparano oltraggi, tormenti e morte, e si rendono perciò indegni del beneficio!

Gesù Cristo, nel lasciarci tutto Se stesso nel Sacramento dell’altare, per cibo e bevanda della nostra anima, ci diede il pegno più grande del Suo amore ineffabile verso di noi. Ma qual’è, dilettissimi, la nostra corrispondenza? Sareste, per disgrazia, anche voi nel numero di coloro che invece di mostrarsi grati e riconoscenti al Signore nostro Gesù Cristo Sacramentato: amandoLo, onorandoLo, rispettandoLo, L’offendono, L’ingiuriano, Lo disprezzano, calpestando i Suoi comandamenti e giungono persino alla malvagità di bestemmiarLo e di profanarLo?

Non lo credo, fratelli miei, e farei torto alla vostra pietà se sospettassi ciò di alcuno di voi, anzi la devozione con cui accorrete ad adorare Gesù Sacramentato, mi convince che tutti L’amate di vero cuore.

Ma ricordatevi, dice S. Gregorio, che l’amore si dimostra con le opere, perciò, se voi amate veramente Dio, impegnatevi seriamente ad osservare la Sua legge. Onorate, rispettate, ubbidite i vostri superiori; guardatevi dal voler male al vostro prossimo, dal pensar male e dal mormorare delle sue azioni. State con devozione e rispetto nella Casa di Dio, osservate tutti i comandamenti, perché Gesù nel Vangelo dice che chi li osserva, Lo ama veramente.

Gesù Cristo ci ha fatto un grande beneficio nel lasciarci tutto Se stesso nel S. Sacramento: siamoGli grati; accostatevi a riceverLo più spesso che potete nella Santa Comunione con le dovute disposizioni, perché Gesù Cristo, per l’immenso amore che porta alle anime nostre, ha voluto rimanere in questo santo Sacramento per potersi unire con noi; e non Gli possiamo fare cosa più gradita che riceverLo devotamente nel nostro cuore. CompiacendoLo in questa vita, saremo poi ammessi a contemplarLo eternamente nel Cielo, come io desidero per tutti noi. Amen.