Amore che Gesu ci porta

 

AMORE CHE GESÙ CI PORTA NELLA S.S. EUCARISTIA

Grande amore, non lo si può negare, ci dimostrò Gesù Cristo nel farsi uomo per noi e nel morire sulla croce per la nostra salvezza! È, invero, un eccesso di infinito amore, che un Dio di immensa grandezza, d’infinita maestà, ricco in Se stesso di ogni genere di perfezione, senza aver bisogno di alcuno per essere felice ed eternamente beato, abbia voluto scendere personalmente dal Cielo in terra, vestire le nostre spoglie mortali e terminare i Suoi giorni con lo spirare sulla croce in un mare di pene. E tutto per il bene di quelle stesse creature, che, ingratissime, così malamente lo trattavano nel momento stesso in cui Egli si immolava sulla croce per loro, fino all’ultimo annientamento di Se stesso.

È questo un eccesso di amore infinito che Gesù Cristo mostrò di nutrire in cuore per noi uomini, sue indegnissime creature.

Ma se è così, non pare a voi, Sorelle carissime, di essere anche noi tenute a riamare questo Dio di amore e a riamarLo in modo proporzionato all’amor Suo? Amore richiede amore e solo con amore si paga.

Perché dunque non amiamo noi come si conviene questo buon Dio innamorato delle anime nostre?

Perché ci mostriamo noi così tiepidi e così incostanti nell’amore di Gesù, che molto spesso giungiamo anche a disgustarLo e ad offenderLo con volon-tari difetti? Credete forse che, compiuta l’opera della redenzione, ritornato in Cielo alla destra dell’eterno suo Padre, si sia Egli raffreddato nell’amore verso di noi? No! Egli ci ama sempre di quello stesso amore, con cui ci amò da principio.

L’amore che Gli ardeva in petto verso di noi l’ha indotto, poco prima di andare alla morte, ad istituire l’augustissimo sacramento dell’Eucaristia, in cui sotto le specie, come ben sapete, del pane e del vino lasciava tutto Se stesso in cibo e bevanda delle anime nostre. Lo stesso amore l’ha indotto ancora a starsene realmente nella stessa Eucaristia sempre occupato nell’amare noi, Sue vilissime creature.

L’amore dunque che Gesù Cristo nutre continuamente per noi nella SS. Eucarestia è l’argomento che io presento oggi alla vostra considerazione, Sorelle mie, per risvegliare e riaccendere nei vostri cuori quell’amore, che richiede la dovuta corrispondenza.

Che fa dunque Gesù nella SS. Eucaristia, ove Egli dimora con la Sua reale persona e umanità sacrosanta, come regna glorioso nel cielo alla destra del Padre? Quali sono i Suoi sentimenti per noi? Sono sentimenti di amore; Egli in quel divino sacramento ci ama col più vivo affetto dell’anima Sua e non vuole da noi altro che amore: questa è la risposta.

Domandiamoci ancora: perché Egli viene a noi sotto le specie del pane? Perché ci ama. In qual modo Egli vi sta? Come un Dio che ama. Che cosa Egli pretende da noi? Pretende solo amore. Perché vi si moltiplica tanto? Perché tanto si possa donare. Perché vi si nasconde così? Perché ama, perché ama.

Sulla croce l’amore regnò con la giustizia, anzi servì come di mezzo a soddisfare la divina giustizia; qui invece, nella SS. Eucaristia, l’amore regna da solo. La potenza del Padre, la sapienza del Figlio, la provvidenza dello Spirito Santo, l’immensità della natura divina, tutte si impiegano in questo divin Sacramento, affinché l’amore sia finalmente soddisfatto. Ecco qual’è per noi nell’Eucaristia il Cuore di Gesù: tutto amore e solo amore.

Ditemi, come ci accoglie Egli ai piedi del Suo altare, sebbene ingrati e colpevoli? Che cosa ci dice? Le Sue parole, i Suoi lamenti, i Suoi stessi rimproveri, spingono all’amore. Ci ha forse Egli allontanato da Lui perché tiepide ed imperfette? No, mai; anzi ci offre rimedi, medicine, conforto, incitamento a virtù. E voi particolarmente, o anime pure e ferventi, stando dinanzi a questo tabernacolo, Gesù invita a rendere al mondo testimonianza del Suo amore sviscerato per gli uomini.

Quali parole ricche di interiorità ci indirizza al cuore; che dolcezza, che torrenti di delizie profonde da quell’altare, a favore delle anime nostre! Egli ci ama tanto che se noi non possiamo andare a Lui, si fa Egli stesso portare a noi.

E da quali mani si lascia talvolta toccare! O indegnità orribile, a volte, tra i Suoi ministri! Ma il cuore amante di Gesù tutto dissimula e sembra che non se ne accorga.

Nei primi tempi del cristianesimo era lecito ai cristiani prendere dalla sacra mensa il sacramento della SS. Eucaristia e portarselo a casa, portarselo con loro nei viaggi, dove essi volevano. E se in seguito la Chiesa, sdegnata dalle irriverenze che la fede illanguidita e la carità raffreddata incominciavano a commettere, non lo avesse proibito, Gesù Cristo, anche oggi, si lascerebbe trattare così. Oh bontà, oh amore! Che dite voi a queste riflessioni?

Ma notate un’altra accondiscendenza ancora più ammirabile. Quantunque Egli brami di stare sempre con noi, non vuole ostacolare i nostri doveri umani e i nostri interessi. Sì, andiamo pure al lavoro, agli uffici, agli affari; Gesù Cristo è contento di starsene là solo, aspettando i momenti di nostra libertà, perché a Lui ritorniamo. Anzi neppure vuole disturbare gli onesti nostri sollievi. Sì, Egli ci lascia andare volentieri, come desideriamo, alla mensa, alla ricreazione, a visite moderate, purché di Lui non ci dimentichiamo affatto. Egli insomma ci ama in modo così meraviglioso, che pare non voglia aggravarci o annoiarci.

Oltre alle tante ore del giorno in cui Egli resta nel suo ciborio, solitario, vi sono le lunghe notti. Mentre noi dormiamo il Suo cuore veglia e prega per noi il Suo divin Padre; veglia e difende da tanti pericoli la nostra vita e fa da guardia fedele alle nostre case. Se noi non siamo commosse da un amore così tenero, così costante, così benefico, diciamo pure che non abbiamo affatto fede, o che abbiamo un cuore indegno di vivere.

E non è ancora tutto. Altre circostanze vi sono che ci manifestano ancora più lo svisceratissimo amore che Gesù Cristo ci porta nella sua Eucaristia. Egli poteva operare la nostra santificazione, comunicandoci Se stesso solamente in figura e non in realtà, come sostentava nel deserto il popolo d’Israele con la manna, che gli pioveva ogni giorno dal cielo e che era appunto figura della SS. Eucaristia. Ma il Sommo Amore non è contento di giovare all’amato soltanto da lontano: Egli ama la personale presenza, e perciò si rende presente nel divino Sacramento, sostanzialmente e realmente, con la sua divinità e umanità sacrosanta.

Ma perché non accontentarsi almeno di venire realmente nell’ostia santa solo nel tempo dell’augusto sacrificio della Messa? No, al Suo bel cuore ciò non pare sufficiente, vuol rimanere sempre sotto le specie sacramentali, vuole cioè farsi assolutamente e perpetuamente nostro concittadino e familiare.

Per meglio giovare alle sue creature vuole che la Sua stessa umanità prenda una specie di immensità e si trovi presente, dovunque si trova un piccolo numero di cristiani.

Sa bene il buon Gesù che questo Suo stare ed essere personalmente e dappertutto tra gli uomini, esige uno dei più grandi miracoli della Sua onnipotenza, qual’è la moltiplicazione della Sua umanità sacrosantissima in tanti luoghi. E per giunta questo gli è causa di un’infinità di irriverenze, di strapazzi, di insulti, ma non importa, così richiede il nostro meglio, così vuole il Suo amore e così sia.

Comprendete ora, mie Sorelle, l’inconcepibile amore che Gesù ci palesa nel SS. Sacramento dell’altare? Vi pare che all’ardentissima brama del Suo cuore desideroso di essere e di stare sempre con noi, corrisponda abbastanza la vostra premura di essere e di stare con Lui?

Esaminatevi un po’ bene: che cosa esige di difficile, o di incomodo, da noi l’Amante divino? Noi possiamo liberamente visitarLo e intrattenerci con Lui quanto ci piace e ricordarLo spessissimo anche nel nostro sonno.

I grandi della terra non permettono a tutti di poter penetrare nei loro uffici a parlare e a trattare con essi confidenzialmente: ma non così fa con noi il re del cielo, Cristo Gesù.

Egli si offre tutto a tutti e in tutti i tempi: né la povertà, né la deformità, né l’umiltà di condizione impediscono di accostarsi a Lui. Basta amarLo, per aver diritto di essere da Lui accolti con infinita affabilità, trattati da eguali, da amici e da confidenti.

Che degnazione ineffabile, che tenerezza, che amore! Perché dunque non amarLo, non compiacerLo, non accontentarLo? Egli, perché ci ama, è sempre pronto ad ascoltarci e a volere il nostro bene. E noi che cosa facciamo in Suo onore?

Dove sono le opere buone da noi praticate per Suo amore?

Dov’è la nostra esattezza nell’adempimento del nostro dovere? La vittoria sul nostro amor proprio, la abnegazione della nostra volontà?

Dov’è l’amore al ritiro, alla mortificazione, alla santa umiltà?

Dov’è la pratica delle cristiane virtù: della pazienza, della carità, della dolcezza, della mansuetudine?

In una parola, dov’è la perfezione religiosa richiesta dalla santità del nostro stato?

Il vero amore di Dio deve essere fecondo di sante opere: esso è simile al fuoco. Osservate la natura di questo elemento. Il fuoco è il più efficace, il più operoso di tutti gli elementi. Mettetegli pure davanti quanto volete, che esso tutto distrugge e tutto consuma. Divora i boschi, incenerisce le selve, distrugge le città. Seppellito si dissotterra con grande impeto, rinchiuso si apre l’uscita con gran violenza, trattenuto vince ogni ostacolo con forza insopprimibile. Non si stanca mai, non si posa mai, non si sazia mai. Così e non altrimenti opera pure l’amore di Dio, quando investe un’anima.

Esso non permette che l’anima viva indolente e neghittosa, ma sempre la spinge a fare opere buone in ossequio al suo amato Signore che le ripete sempre al cuore: «Anima amante, dammi frutti di amore, dammi stenti, dammi fatiche, dammi sudori, dammi atti di cristiana virtù perché queste sole piacciono al mio cuore».

Il Beato Leonardo da Porto Maurizio diceva: «Alcuni pensano che l’amore di Dio consista in una certa tenerezza di cuore e in sentimenti affettuosi verso di lui, ma s’ingannano: l’amore vero deve imitare il fuoco con l’essere operoso».

Qual’è quel servo che ama veramente il suo padrone e desidera piacergli, ma si accontenta di sole parole e semplici desideri e non fa quanto può dargli gusto coi fatti? Ci vogliono opere dunque, ci vogliono opere ed opere fervorose, se vogliamo amare Dio davvero.

E non può essere diversamente, perché quando l’amor di Dio, dice S. Giovanni, si è impadronito di un’anima, produce in essa un’insaziabile brama di patire per l’amato, tanto che per quanto faccia, per molto tempo che spenda, nel suo servizio, tutto le sembra nulla e si affligge di far poco e di patir poco per il suo Dio, per il quale sarebbe disposta a morire.

Ella si ritiene sempre inutile in tutto ciò che fa, e le pare di fare nulla di bene, perché insegnandole l’amore quello che Dio merita, a quella luce vede tutti i difetti e le imperfezioni delle sue azioni e da tutto ritrae confusione e pena, conoscendo che è molto imperfetto il suo modo di agire per un Signore così grande.

Se è così, ditemi mie Sorelle, possiamo noi dire di amare veramente Gesù Cristo sacramentato, noi che proviamo tanta ripugnanza ai sacrifici spesso insignificanti; noi a cui tanto pesano le mortificazioni, la ritiratezza, l’obbedienza; noi che a fatica sappiamo domare un’avversione, un risentimento, un’affezione sregolata? Noi che siamo così trascurati nella pratica delle cristiane virtù, nell’abnegazione di noi stesse, nell’umiltà, nell’orazione; noi che mai o quasi mai, parliamo né tra noi né con gli altri: di Dio, del Suo amore, delle Sue perfezioni, dei Suoi attributi, di esempi dei santi, insomma di cose spirituali, per stimolarci a vicenda all’amore di Dio e all’acquisto delle virtù?

Purtroppo i nostri discorsi o sono spesso vani ed inutili: raccontiamo cosa ha fatto l’uno, cosa ha fatto l’altra, che cosa doveva dire, che cosa doveva fare, quasi ci vergognassimo di parlare di cose spirituali e di perfezione religiosa. Questo è segno che amiamo poco il Signore! Anzi così operando Lo offendiamo continuamente.

Ma quando aspettiamo noi a darci una buona volta interamente a Gesù, che tanto ci ama, e a trasformarci interamente nel Suo amore? Che ciò sia in questo momento. Da qui innanzi studiamoci sempre di accrescere la carità verso l’Amato e di accrescerla in modo che ci divida da tutte le creature, da tutti i riguardi umani, da tutto quello che si apprezza nel mondo, dalle nostre naturali tendenze e da noi stesse, affinché in noi non vi sia più cosa alcuna che ci impedisca di vivere completamente per Gesù e in Gesù col pensiero, col desiderio e con l’affetto.

Il nostro cuore non ami altri che Lui; la nostra volontà non si fermi ad altro che a Lui, il nostro pensiero non si porti ad altri che a Lui. Se la mano fatica, se il piede cammina, se il corpo si riposa e si nutre, tutto sia per Gesù e con Gesù.

Mie Sorelle, da qui innanzi noi non vogliamo altro onore che le Sue ignominie, altra ricchezza che la Sua carità, altri comodi che la Sua croce, altro oggetto che Lui solo, Sposo diletto delle anime nostre.

Non ci piaccia un discorso, una compagnia, un’amicizia, se non si parli dell’amore di Gesù; lasciamo quell’azione, quell’intrigo, quel piacere che non può ridondare a gloria dell’Amato, persuase che quanto più nella nostra vita ci ricorderemo di Gesù, tanto più Gesù si ricorderà di noi e ci colmerà della Sua grazia, come Egli stesso disse un giorno a S. Caterina da Siena: «Figlia tu pensa a me ed Io penserò a te». Amen.