Suore dell'Immacolata

Amore a Gesu Cristo

 

AMORE A GESÙ CRISTO

(Prima Istruzione)

Gesù Cristo è l’unico oggetto dell’eterno amore del Divin Padre, ed Egli dev’essere pure l’unico oggetto dell’amor nostro. Il Padre ha mandato sulla terra a farsi uomo il Suo Figlio, per farLo conoscere ed amare dagli uomini. Se di Lui il Padre ha parlato al Giordano e sul Tabor fu solo per raccomandare agli uomini quest’amore. Gli uomini non sono graditi a Dio Padre, se non in quanto essi appartengono a Gesù Cristo; né Egli li ama se non in quanto essi amano Gesù; e non li predestina all’eterna felicità del Cielo, se non per la conformità che hanno con Lui.

Gesù Cristo stesso, venendo al mondo, non ebbe altra mira che indurre gli uomini a questo Suo amore. Questo fu sempre lo scopo principale di tutti i Suoi desideri, di tutti i Suoi pensieri, di tutte le Sue azioni, di tutti i Suoi patimenti. Lo dice chiaro Egli stesso in S. Luca: «Sono venuto a portare il fuoco del mio amore sulla terra, né altro Io voglio che vederlo acceso in tutti i cuori».

Anche lo Spirito Santo, in tutte le operazioni che produce nelle anime nostre, non ha altro scopo che di farci conoscere, di farci amare, di farci imitare il nostro Signore Gesù Cristo. Ce ne assicura Gesù stesso nel Vangelo di S. Giovanni, là dove dice che, lo Spirito Santo, venendo, dovrà rendere testimonianza di Lui agli uomini, cioè imprimere la Sua conoscenza nella loro mente, e il Suo amore nei loro cuori. E noi non siamo cristiani se non in quanto siamo uniti a Gesù Cristo; se non in quanto abbiamo con Lui perfetta conformità di mente e di cuore, la quale è un effetto di questo stesso amore.

L’amore, dunque, di Gesù Cristo deve essere l’unico scopo dei nostri desideri, l’unico oggetto dei nostri pensieri, la principalissima occupazione di tutta la nostra vita, il termine felice di tutte le nostre sollecitudini.

A questo amore devono tendere di continuo gli imperfetti; in esso devono esercitarsi i perfetti; e lo devono domandare, con grandissime istanze, gli stessi peccatori.

In una parola: conoscere, amare, imitare Gesù Cristo deve essere la principale, anzi l’unica devozione del cristiano, e soprattutto della religiosa; perché tutte le devozioni sono buone, ma sono buone in quanto si riferiscono a questa, che è la sorgente di tutto il loro merito e di tutte le loro virtù. Questa è la devozione sola ed essenziale del cristianesimo, quella che ci fa veri e perfetti cristiani.

Le altre devozioni sono opere supererogatorie, questa invece è d’obbligo. Le altre, spesse volte, ci aggravano, imponendoci nuove obbligazioni; questa, al contrario, ci solleva, aiutandoci a praticare quelle che abbiamo. Le altre sono mezzi, questa è il fine. Le altre ci aiutano a tendere alla perfezione; questa è il fine e il compimento beato della perfezione stessa.

Eppure chi lo crederebbe? Conviene dirlo proprio con le lacrime agli occhi: si vede oggi nel cristianesimo un’infinità di anime che antepongono l’accessorio al principale, i mezzi al fine e, occupandosi fino allo scrupolo in mille esercizi devoti, trascurano la devozione delle devozioni, quella che noi dobbiamo avere alla sacrosanta persona di Gesù Cristo.

Di qui avviene che tante anime, anche devote, le quali aspirano al grado più sublime della perfezione: con una quantità di ottimi esercizi di pietà, con mortificazioni ed austerità, con orazioni assidue e sublimi, nonostante tutto stanno sempre, finché vivono, terra terra, facendo pochissimo progresso nella virtù, morendo con difetti considerevoli, quali sono: una segreta superbia e pochissima, o quasi nessuna, mortificazione delle inclinazioni naturali e delle passioni. Esse non arrivano mai ad acquistare, in grado considerevole, nessuna delle virtù evangeliche, come sono: una profonda umiltà, una mansuetudine inalterabile, un grande disprezzo del mondo, un grande distacco da se stesse e una continua mortificazione delle inclinazioni dei sensi e delle passioni.

Ora se tutto questo disordine avviene, come dicevo, dal non affezionarsi, dal non applicarsi sufficientemente ad amare la sacrosanta persona di Gesù Cristo; dal non studiare abbastanza la Sua vita, la Sua virtù, i Suoi esempi, la Sua dottrina, dal non meditare ed approfondire i Suoi misteri, le Sue grandezze, i Suoi meriti, i Suoi benefici e le obbligazioni infinite che noi Gli dobbiamo, e dal non stare continuamente uniti a Lui per mezzo di una perfetta conformità di cuore e di mente, è ben giusto, Sorelle mie, che noi ci applichiamo seriamente e ci dedichiamo interamente all’amore di Gesù Cristo, ed amiamo questo nostro divin Salvatore, veramente di cuore come si deve.

E perché possiamo meglio riuscire in ciò, ho pensato di toccare in questa istruzione e in qualche altra, alcuni motivi tutti propri, per risvegliare ed accendere nelle anime nostre questo santo divino amore. Udite dunque con attenzione.

Il primo motivo che ci deve indurre ad amare Gesù Cristo è: perché Egli è amabile infinitamente, essendo in Lui tutte le perfezioni create ed increate, umane e divine, spirituali e materiali, assolute e relative, tanto che non può solamente appagare l’intelletto, rubarci il cuore, ma ancora contentare le nostre esigenze e allettare i nostri sensi; obbligandoci quasi ad amarLo.

In verità, chi non sa che Gesù Cristo è Dio? Dunque, Egli possiede, anzi è, una bellezza, una bontà, una potenza, una sapienza, una santità, in una parola, una perfezione infinita. Dunque; noi troviamo in Lui di che soddisfare i nostri desideri, siano pure grandi e ambiziosi; troviamo di che riempire l’immensa capacità del nostro cuore, che non può adeguatamente essere riempito da un bene creato e finito.

E che andiamo noi, dunque, cercando altrove, quando abbiamo tutto in Gesù?

Aggiungete che Gesù Cristo è anche uomo: e il corpo e la natura che Egli ha, hanno reso queste bellezze e queste perfezioni, benché tutte divine, le hanno rese, materiali e sensibili, accessibili alla nostra fiacchezza e proporzionate ai nostri sensi.

Come, dunque, possiamo astenerci dall’amare questo Gesù così amabile, avendo in Lui, quale termine del nostro amore, un oggetto che è insieme divino ed umano, spirituale e sensibile e perciò valevole ad appagare la mente e il cuore, la ragione e i sensi? Un oggetto tale, insomma, che deve riscuotere, quanto è in noi di rispetto, di stima e di tenerezza.

Dio si è fatto uomo, dice S. Agostino, perché l’uomo, che è composto di due sostanze tanto differenti, una tutta spirituale, l’altra tutta materiale, avesse in un Dio-uomo, tutto ciò che può sublimare tutte e due queste sostanze, e non fosse obbligato, dividendo il suo cuore, a dividere il suo amore tra Dio e la creatura, ma trovando nell’umanità di Gesù di che santamente occupare i suoi desideri, di che accontentare i suoi sensi; e nella divinità di che appagare l’intelletto ed il cuore, facesse consistere in Lui ogni suo bene ed ogni sua felicità nell’amarLo.

Sorelle mie! Se un tantino di bellezza, se una minima perfezione che si trovi in una creatura miserabile è capace di abbagliarci gli occhi, di stupirci la mente, d’incantarci, quasi con magica forza, il cuore; quale dolore dovrebbe essere per noi il vedere che l’insieme e l’unione di tutte le perfezioni divine ed umane, spirituali e materiali, qual’è Gesù Cristo, non basti ad appagare il nostro spirito, a rubarci il cuore, a meritare il nostro amore? È pazzia questa, è cecità, è stupidità, ovvero tutte e tre insieme queste cose.

Perché, in verità, chi può mai capire che, non potendo noi trattenerci dall’amare ciò ch’è amabile, come dal non vedere ciò che è visibile, e Gesù, avendo in sé ogni amabilità, anzi essendo Egli il solo amabile, Egli il solo attraente, non debba essere amato da noi?

Ma che dico io a non essere amato? È disprezzato, invece, e abbandonato! Questa lacrimevole ingratitudine, prevista in ispirito dal Profeta, fu deplorata da Lui con le tenere parole: «Stupite, o cieli! Il mio popolo ha commesso due eccessi: hanno abbandonato me, fonte d’acqua viva, e sono andati a scavare cisterne rovinate che non possono tenere acqua».

Ecco, Sorelle mie, quello che accade sempre a noi, quando abbandoniamo Gesù, infinitamente amabile, per correre dietro a creature meschine, il cui possesso non ci appaga ed il cui amore, anziché renderci felici, ci rende miserevoli e colpevoli.

Ora, questo disordine, questa strana stupidità che non si capisce, ma che tuttavia si vede continuamente, è quello che ferisce profondamente le anime, nelle quali è penetrato l’amore di nostro Signore.

È quello che noi stessi piangeremmo amaramente, se non fossimo noi stessi colpevoli; quello che tanto affliggeva, sino a renderle inconsolabili: S. Caterina da Genova e S. Maria Maddalena de’ Pazzi e le riduceva, alcune volte, quasi all’agonia, quando riflettevano che un Dio infinitamente amabile non era amato dagli uomini.

Esse nei dolci sfoghi del loro zelo, e insieme del loro amore e dolore, esclamavano, come fuori di sé: «L’Amore non è amato!».

Fino a quando, figli degli uomini sarete voi sì ciechi di mente e così stupidi di cuore da non vedere la bellezza e da non amare l’Amore? Ciò, o mio amatissimo Gesù, sarà fino a che Voi stesso, che siete la luce del mondo, non veniate ad illuminare, a sollevare, a fortificare le nostre menti, affinché diventino capaci di conoscervi; sarà fino a che non veniate a distaccare, a purificare, a riscaldare i nostri cuori per renderli capaci di amarVi, facendo, non solo vedere alla nostra mente la Vostra bellezza, ma sentire anche al nostro cuore la forza del Vostro incanto, affinché noi confessiamo che non c’è altro di bello, di perfetto, di amabile all’infuori di Voi; e di conseguenza Voi solo meritate di essere amato da noi.

Ma un altro motivo ci spinge ad amare Gesù di vero amore: quello che Egli per primo ha amato noi.

Sì, non tanto dobbiamo noi amare Gesù, perché è amabile infinitamente in Se stesso, per le Sue ineffabili perfezioni, ma anche, e molto di più, perché Egli ci ha amato per il primo. E in qual modo Gesù ci ha amato? Ci ha amato molto più di quanto noi amiamo noi stessi, eppure tutti sappiamo a qual punto arrivi il nostro amor proprio.

Ci ha amato tanto che se tutti gli uomini si unissero insieme per amarci con tutte le loro forze, il loro amore sarebbe di minor proporzione di quello che ci porta Gesù Cristo, proporzione simile a quella che ha una goccia d’acqua in confronto a tutto il mare.

Anzi, se voi unite in un solo cuore tutto l’amore, che hanno portato e portano a Dio, per tutta l’eternità, tutti i santi, tutti gli angeli e la stessa beatissima Vergine, non lo si potrebbe ancora paragonare all’amore che a noi porta Gesù, perché tutto questo è amore finito, quello di Gesù invece è infinito.

Perciò S. Giovanni, parlando dell’amore di nostro Signore Gesù Cristo verso gli uomini dice che esso è stato eccessivo; che l’amore in questo caso ha ridotto all’estremo la sua potenza e, sebbene Egli sia Dio e sia onnipotente, non potrebbe fare di più per gli uomini: cum dilexisset suos qui erant in mundo, in finem dilexit eos.

Infatti, se noi riguardiamo Gesù come Dio, non ci ha Egli amato eccessivamente, avendoci amato per tutta l’eternità di un amore così efficace, che doveva poi produrre, nel tempo, effetti sì grandi, quali sono tutti i beni della nostra redenzione?

Se noi Lo riguardiamo come uomo, non è un eccesso di amore l’aver pensato a noi dal primo all’ultimo istante della Sua vita, e che ogni Suo movimento sia stato un’espressione del Suo amore verso di noi?

Un eccesso di amore non è l’averci amato più della stessa Sua vita, avendo sacrificato tutto per ottenere di essere amato da noi?

E quel che è più, non è un eccesso di amore l’aver fatto questo sacrificio con allegrezza e con gusto, tanto che il Suo amore per noi gli rese dolce e dilettevole anche la morte, perché doveva tornare a nostra salvezza?

Un eccesso di amore non è essere Egli ancora pronto, secondo l’affermazione che fece ad un’anima santa, a rinnovare ogni giorno questo sacrificio per ciascuno degli uomini in particolare, se fosse necessario, per assicurare la sua salute e guadagnarsi l’amor suo?

Da tutto questo, dunque, ne segue che l’amore che Gesù portò agli uomini, finché visse, fu così grande che se Egli si fosse abbandonato al Suo impeto e non ne avesse, con la forza della Sua divinità, repressi gli impulsi, sarebbe morto di amore verso gli uomini. Quale obbligo avremmo noi di amare Gesù, se Egli fosse morto di solo amore verso di noi?

Ma Gli siamo forse meno obbligati, perché Egli ha miracolosamente preservata la Sua vita dagli ardori della Sua carità, al fine di sacrificarla poi, per noi con una morte non meno infame che dolorosa?

O mio divin Salvatore, anche se Voi non foste tanto amabile, quanto Lo siete per Voi stesso, anche se non ci aveste fatto alcun bene, anche se non aveste per noi sofferto alcun male, potremmo noi far a meno di rendervi amor per amore, e amar Voi con tutte le nostre forze, che sono finite, poiché Voi ci avete amati con tutte le Vostre, che sono infinite?

Se persino una bestia, quando ci mostra con le sue moine d’esserci affezionata, ci induce ad amarla teneramente; solamente l’amor Vostro, o mio Gesù, perché è eterno, infinito, disinteressato, non avrà forza sopra di noi, non si guadagnerà da noi amore per amore, e sarà, invece, contraccambiato da noi con disprezzo e con indifferenza?

Non permettere, o Gesù mio, che noi ci facciamo rei d’una così orribile ingratitudine. Noi non Vi amiamo davvero: perché se Vi amassimo veramente di cuore, non penseremmo così poco a Voi, come facciamo; né così poco rifletteremmo sopra di Voi, né temeremmo così poco di disgustarvi.

Se noi Vi amassimo, non saremmo così poco zelanti della Vostra gloria, né così poco addolorati dagli oltraggi, che Vi sono fatti ogni giorno; non sarebbe così grande la nostra indifferenza, la nostra resistenza alla Vostra grazia, la nostra ingratitudine ai Vostri benefici, né così poco sarebbe il nostro ardore di seguire i Vostri esempi. Ma, accendete Voi, o mio Gesù, le fiamme dell’amor Vostro nei nostri cuori, e fate che cominciamo almeno da questo momento a dirVi con verità coll’apostolo Pietro: «Voi sapete, Signore, che noi Vi amiamo: Domine, tu scis quia amamus te». Amen.