Suore dell'Immacolata

Altri motivi di amare Gesu Cristo

 

ALTRI MOTIVI DI AMARE GESÙ CRISTO

(Seconda Istruzione)

Grande sprone ad amare Gesù Cristo è certamente il considerare quanto Egli sia amabile per Se stesso, per le infinite perfezioni che in Sé contiene, come Dio e come uomo, poiché, se un po’ di bellezza, se una minima perfezione che si trovi in una miserabile creatura, è capace di abbagliarci gli occhi, di meravigliarci la mente, d’incantarci, quasi con magica forza, il cuore, come può essere che l’insieme e l’unione di tutte le bellezze, di tutte le perfezioni divine ed umane, spirituali e materiali, qual’è Gesù, non basti ad appagare il nostro spirito, a conquistare il nostro cuore e a meritare il nostro amore?

Così pure, un’enorme spinta ad amare Gesù è il pensare che Egli ha amato noi di un amore immenso, perché solo l’amore è il prezzo giusto con cui si può pagare l’amore, e ne è il mezzo più efficace per farsi amare.

Questi sono i due primi motivi che, come abbiamo visto l’altra volta, ci devono indurre ad amare Gesù Cristo, Signor nostro, di tutto cuore, ma non sono i soli motivi. Due altri ci si presentano così efficaci, che quasi a viva forza trascinano a questo amore.

Questi sono:

1°) perché Gesù desidera ardentemente d’essere amato;

2°) perché, per esserLo, ci ha arricchiti di beni infiniti a costo dei Suoi patimenti; come appunto considereremo questa sera.

Davide, nei salmi, si meraviglia che Dio, re dei re e Signore dei dominanti, si degni di ricordarsi degli uomini; e Giobbe rimane attonito al vedere che Dio non disdegna di riguardare l’uomo, miserabile creatura, e di porre in lui il Suo divino amore.

Ma che avrebbero detto questi due profeti se avessero visto Dio, d’immensa maestà e grandezza, beatissimo in Se stesso, non bisognoso di alcuno, desiderare e chiedere istantemente all’uomo l’amor suo? Eppure questa sollecitudine e questo ardore che Dio ha di vedersi amato dagli uomini, ci viene spiegata in cento passi della Divina Scrittura.

Questo ci dimostra la voce premurosa della Sapienza che esclama: «Praebe, fili mi, cor tuum mihi».

Questo ci fanno intendere nei sacri cantici le tenere sollecitudini dello sposo, che è la figura di Gesù, il quale con ardore invita la sposa, che è l’anima fedele, ad amarLo, ad accoglierLo, ad aprirGli la porta del suo cuore: «aperi mihi, soror mea, sponsa mea».

Questo troviamo nel Vangelo, ricordiamolo: lo zelo ardente, per cui il buon pastore Gesù va in cerca della pecorella smarrita; il rammarico che Egli prova che essa si sia sviata e perduta; l’eccessiva allegrezza che mostra nell’averla ritrovata.

Questo lascia intendere Gesù, quando esclama:

«Sitio – ho sete» non per mostrare la sete materiale che pativa nel corpo, ma l’ardore con cui desiderava d’essere amato dagli uomini.

Questo, finalmente, dimostra, quando Gesù così vivamente chiede a S. Pietro per tre volte se L’amava: «Simone di Giovanni, mi ami tu?» Ora, Sorelle mie, poteva Gesù Cristo, Signore nostro, mostrarci più efficacemente l’ardente desiderio, ch’Egli ha, d’essere amato da noi?

Eppure nemmeno questo Gli basta: Egli ci invita ad amarLo ancora con le promesse; ci sollecita continuamente con le Sue ispirazioni; «sto ad ostium et pulso»; ci obbliga coi suoi comandamenti: dilige Dominum Deum tuum ex toto corde tuo; ci costringe, in certo modo, con le minacce: qui non diligit manet in morte.

Finalmente, tutto ciò ch’Egli propone, tutto ciò che produce nell’ordine della natura e della grazia, non tende ad altro che ad obbligare l’uomo ad amarLo. E noi non L’ameremo ancora?

Se l’ardente desiderio, se le istanze replicate di un uomo c’importunano, e ci costringono spesse volte a concedergli quello ch’egli vuole, benché ne abbiamo poca voglia, perché solo le tante promesse di Gesù, con cui Egli richiede il nostro amore, rimarranno senza effetto? «Mio Dio, Voi comandate, diceva S. Agostino, ch’io Vi ami; se non V’amo mi minacciate eterni castighi; quale disgrazia può esservi al mondo maggiore che quella di non amarVi?».

Se mi volete spaventare, non mi minacciate il fuoco dell’inferno, minacciatemi solamente ch’io non arda del fuoco del Vostro amore. Questa minaccia sarà per me assai più terribile di quella di mille inferni, poiché, se in mezzo alle fiamme dell’Inferno, potesse cadere nel cuore di quei miseri dannati una scintilla dell’amor Vostro, l’Inferno non sarebbe più tale; come il Paradiso non sarebbe più Paradiso per i beati, se essi potessero stare nel cielo un solo istante senza amarVi. Perché, dunque, o mio Gesù, io non Vi amo, sebbene, esaminando il mio cuore, mi sembri di desiderare di amarVi, e Voi pure lo desiderate con più ardore di me? Questo avviene perché il mio desiderio non è efficace né sincero come il Vostro.

Fate dunque, Gesù mio, ch’io desideri sinceramente d’amarVi e fin d’ora sinceramente Vi ami, non tanto per il desiderio che Voi avete dell’amor mio, quanto per i beni ineffabili che mi avete donato o meritato.

Se noi dobbiamo amare Gesù per quello ch’Egli è in Se stesso, per l’amor ch’Egli porta a noi, per il desiderio ardente ch’Egli ha di vedersi da noi amato; Lo dobbiamo amare ancor più per i benefici innumerevoli che ci ha fatto senza misura e a così caro prezzo.

Ma sapete voi dirmi, Sorelle mie, quali e quanti siano questi benefici che il Figlio di Dio, fatto uomo, ci ha elargito in ogni tempo?

S. Paolo ci avverte che, per Gesù Cristo, noi siamo fatti ricchi di beni spirituali e temporali. Sì, o Gesù, noi Ti siamo debitori dei benefici ineffabili della redenzione, della predestinazione, della vocazione religiosa, di quella gloria che ci aspetta nel cielo e che deve essere la corona di tutti gli altri benefici.

E qui, fermandoci sul beneficio che ci ha fatto della redenzione, riflettete un poco, Sorelle mie, come Gesù ha voluto essere nostro Redentore dal primo, fino all’ultimo istante della Sua vita.

Egli non ha pensato che a noi, non ha operato, non ha pregato, non ha faticato, non è vissuto se non per noi; non ha fatto un passo, non ha pronunciato una parola, non operato un miracolo, non emesso un sospiro, non versato una lacrima, non sparsa una goccia di sangue che non sia stata per noi. Così che noi possiamo incontrare i benefici di Gesù e le obbli-gazioni che noi Gli dobbiamo, in tutti i palpiti del Suo cuore, di cui siamo stati sempre l’oggetto o il fine, in tutti i momenti della Sua vita.

Anche se Gesù non avesse emesso per noi che un sospiro, non avesse sparso che una lacrima, non avesse formato un solo movimento del Suo cuore, non dovremmo noi esserGli infinitamente obbligati, essendo ognuno di quei momenti di un valore infinito?

Che dobbiamo noi, dunque, dire e pensare, vedendo che Egli non ne ha formato neppure uno che non sia stato per noi? Converrà certamente confessare che noi abbiamo verso di Lui un’infinità di obbligazio-ni e, per conseguenza, un’infinità di motivi per amarLo, . se fosse possibile, infinitamente.

Aggiungete che a Gesù dobbiamo la grazia e l’amicizia col Padre, nella qualità di figli di Dio, ed eredi dell’eterna beatitudine. A Gesù dobbiamo tutti i beni che riceviamo da Dio durante la giornata. Se Dio ci conserva, se ci difende, se concorre con noi nelle nostre azioni, è per riguardo a Gesù.

Da Gesù riceviamo tutte le grazie, tutti i lumi, le ispirazioni, i buoni pensieri, la corrispondenza alla grazia, la protezione nei pericoli, la forza nelle tentazioni, la tolleranza nel male, la pazienza nei dolori, la perseveranza nel bene.

Ora, se continuo è il flusso dei beni e delle grazie che provengono da Gesù, nostro capo, a noi, Suoi membri, non è ragionevole che continuo sia il riflusso di amore e di riverenza verso di Lui, nostro capo, da cui tutto riceviamo, e senza il cui aiuto non possiamo fare alcun bene, come ci disse Egli stesso: «Sine me nihil potestis facere?».

Aggiungete che i benefici che noi riceviamo da Gesù sono considerevoli per numero, ma lo sono molto più, per le circostanze che li accompagnano. Infatti, non ce n’è neppure uno, per quanto sembri piccolo in se stesso, che non sia in certo modo, infinito, poiché proviene da una persona infinita; procede da un amore infinito ed ha per termine una beatitudine, in qualche modo, infinita.

Non ce n’è uno solo che non sia eterno, non solamente perché viene da un amore eterno, ma anche perché ci conduce ad una felicità eterna.

Non ce n’è neppure uno che non sia singolare, anche tra quelli che appaiono più comuni.

Primo: perché i benefici di Dio sono come il Suo cuore, il quale non si divide e non diminuisce nel comunicarsi, in quello stesso modo che il sole, illuminando tutto l’universo, comunica ad ogni cosa in particolare la sua luce con tanta abbondanza, come se non illuminasse altro che quella. Secondariamente:

perché Egli ci fa le grazie, anche se generali e comuni, con un’attenzione particolare a noi, come se non le facesse se non per noi.

E finalmente, perché tale è la Sua buona volontà verso di noi ch’Egli ci comunicherebbe i Suoi beni, anche se fossimo noi soli che ne dovessimo approfittare. Per questo S. Paolo riconosceva favore personale, il beneficio della redenzione, come se Gesù Cristo non fosse morto che per lui.

Dopo queste considerazioni, potremo ancora rimanere indifferenti verso Gesù? Non ci risolveremo ancora ad amar Lo?

Se i benefici hanno forza meravigliosa per attrarre il cuore, che persino le bestie non possono fare a meno di dimostrare amore e di usare gratitudine ai loro benefattori, un numero così grande di benefici che abbiamo ricevuto da Gesù, non dovrà produrre in noi nessun effetto?

Noi ci vantiamo d’essere generosi con gli amici; d’esser teneri verso creature bisognose che dimostrano di amarci e di essere a noi grate per i benefici ricevuti; e poi saremo insensibili alle dimostrazioni di amore di un Uomo-Dio; saremo ingrati ai suoi ineffabili benefici? Perché? I benefici di Gesù, per essere singolari, continui, eterni, infiniti, per essere benefici di un Dio, mutano forse natura?

Saranno essi soli che non meritino l’amor nostro, che non si guadagnino i nostri cuori? Si dovranno anzi, contraccambiare con indifferenza, con disistima, con ingratitudine?

Come si può pensare ciò senza rimanere attoniti per meraviglia, o senza morire di vergogna, o di dolore?

Eppure vi è ancora di più. Gesù Cristo non solo ci ha arricchiti di tutti i Suoi beni, ma ci ha donato anche Se stesso nella S. Eucaristia, cioè ci ha donato il Suo corpo, il Suo sangue, l’anima Sua con tutti i Suoi meriti, la Sua divinità con le Sue infinite perfezioni, e ci ha fatto questo grande dono nel modo più perfetto che si possa immaginare.

Gesù nell’Eucaristia è nostro Padre, nostro Fratello, nostro maestro, nostro compagno, nostro cibo, nostro pastore, nostro rimedio, nostro medico, nostro viatico, nostra guida.

È il prezzo del nostro riscatto, il rimuneratore delle nostre azioni, il premio delle nostre fatiche.

Se Gesù ha dato a noi non solamente i Suoi beni, ma tutto Se stesso, possiamo noi fare a meno di darci interamente a Lui? È forse una disgrazia così grande l’essere tutte di Gesù, che necessiti di tanta discussione per risolverci ad amarLo?

Mio divin Salvatore, io già tante volte ho detto che Vi dono il mio cuore e che voglio essere Vostro perfettamente, ma questa mia promessa, sebbene fatta seriamente non l’ho mai mantenuta e sono stato incostante nelle mie risoluzioni.

Adesso, però, voglio essere tutto Vostro davvero, senza restrizioni e per sempre. La mia vuole essere una donazione irrevocabile del mio cuore.

Vi consacro il corpo e l’anima mia, tutti i pensieri della mia mente, tutti gli affetti del mio cuore e tutte le azioni della mia vita, protestando dinanzi al cielo ed alla terra, di voler essere Vostro, tutto Vostro in vita e in morte, nel tempo e nell’eternità.

A questo m’invitano le Vostre ineffabili perfezioni; a questo mi obbligano gl’innumerevoli benefici, che Voi mi faceste di tutto Voi stesso nella S.S. Eucaristia; a questo, finalmente, mi sforzano gl’inesprimibili patimenti a cui Vi assoggettaste, al fine di farmi tutti questi grandi beni.

Sì, Sorelle mie, non tanto dobbiamo amar Gesù Cristo per quello che è in Se stesso o per i benefici ineffabili che ci ha fatto, ma molto più dobbiamo amarLo per i patimenti crudeli, ch’Egli ha voluto soffrire per procurarci questi stessi benefici, poiché il patire per la persona amata è la prova più convincente dell’amore.

Voi lo sapete, quanto Gesù ha patito, per fare del bene a noi! La stalla di Betlemme, ove nacque bambino, adagiato su ruvida paglia, Lo intirizzì dal freddo, poiché sprovvisto di tutto; la bottega di Nazaret, dove stentò tanti anni per guadagnarsi il vitto, in compagnia di Giuseppe e di Maria; le grandi fatiche che sostenne nella Sua vita pubblica, per ammaestrare gli uomini in una celeste dottrina; l’orto di Getsemani, dove sudò vivo sangue in vista dell’enorme ingratitudine con cui sarebbe stato corrisposto l’amor Suo dalla maggior parte degli uomini; i flagelli che Gli squarciavano le membra; le spine che Gli trapassavano le tempie; gli obbrobri e l’ignominia di cui fu ricoperto nella strada di Gerusalemme, come se fosse un pubblico malfattore; il Calvario, dove spirò di morte crudele in mezzo a due assassini, quasi fosse Egli il peggiore di tutti, fra l’esecrazione di un popolo che, beffandosi di Lui, dei Suoi miracoli, della Sua dottrina, con motti oltraggiosi e villanie, finiva per ricoprirLo della più abominevole confusione: tutte queste, sono prove incontestabili dell’eccessivo amore che Egli nutriva per noi.

Se, dunque, Gesù ha voluto dimostrarci l’eccesso dell’amor Suo, con un eccesso di patimenti, per obbligarci a riamarLo, potremo noi esitare ancora un momento a non consacrarci totalmente a questo amore? L’oltraggeremo invece, Lo strapazzeremo con la nostra ingratitudine, come fa la maggior parte degli uomini?

Mio Gesù, ora intendo perché nel gran giorno dell’ultimo giudizio Voi farete comparire la Vostra croce nel cielo; la vista di questa croce infatti sarà più terribile ai reprobi, che la vista degli angeli sterminatori, della Vostra faccia sdegnata, dei demoni e del fuoco stesso dell’inferno, perché ricorderà loro l’eccesso del Vostro amore e della loro ingratitudine.

Mio Gesù, fate che io arda in questa vita di quell’amore che la Vostra bontà e misericordia ha tentato di accendere in tutti i cuori, affinché non abbia più a bruciare nell’inferno fra le fiamme accese dalla Vostra ira e dalla Vostra giustizia. Amen.