Presenza non visibile tuttavia presente

Mi riferisco al sale. Quante volte ne abbiamo reclamato l’assenza, magari con una smorfia di disgusto. Di fronte ad un piatto magistralmente preparato ma totalmente insipido, sembra ridicola la richiesta di un pizzico di sale.
Verrebbe da chiederci: cosa possa fare quella minuscola quantità che scompare a contatto col resto? Non la si vede più, si scioglie come farebbe la neve. Un’insignificanza.
Eppure si sente! Eppure è preziosa!
L’avevano ben compreso anche gli Antichi. Molta attenzione era riservata a questo elemento naturale. I Romani, addirittura, vi avevano dedicato una strada: la via del “sale”, la Salaria. Ancora oggi le carovane, che attraversano i deserti, sono impegnate a trasportarlo nei villaggi più interni. L’importanza sociale è testimoniata dal lessico del mondo del lavoro ove salario, letteralmente “razione di sale”, indica la retribuzione del lavoratore subordinato, il frutto di un impegno che non rifiuta la fatica.
Il sale, non è una presenza scontata, deve essere guadagnato. Dunque una presenza preziosa nonostante la sua tendenza a scomparire dalla vista se viene posto a contatto con altri elementi.
Chi viene a contatto col sale resta segnato perché il suo fragile e umile aspetto nasconde una singolare capacità di modificare la realtà, rispettando, generalmente, l’essenza di ciò con cui viene a contatto. Tale capacità è una prerogativa del sale: l’acqua resta acqua anche se salata; l’alimento resta alimento che viene però qualificato, insaporito, dalla nuova presenza. Questa prerogativa è molto simile all’azione della luce che, illuminando un ambiente, ne rivaluta gli aspetti senza tuttavia modificarne l’essenza.
Allo scomparire visibile, corrisponde un uguale aumento di sapore. La sua presenza “saporosa” perdura richiamando la logica del chicco di grano che, caduto in terra, muore disfacendosi dando però molto frutto.
Voi siete il sale della terra” Mt 5,13, ci ammonisce Cristo, pertanto dotati della stessa capacità di trasformare dal di dentro la realtà che ci circonda. La forma esterna sarà la stessa ma la qualità interiore cambierà profondamente.
Perché, allora, non essere “sale”? Perché accontentarci di passare accanto senza toccare e lasciarci toccare dalle vicende dei fratelli? “Chi vuol salvare la propria vita la perderà” e sarà persa per sempre. Perché non spenderla a favore degli altri, offrirla perché la vita degli altri acquisti in sapore, lo stesso che muove la nostra vita? Mai come oggi c’è necessità di dare un senso alla vita, mai come oggi si è testimoni delle drammatiche conseguenze di uno stile di esistenza dimentico dell’Indispensabile, di Dio, ossia dell’unica ragione valida per cui valga la pena vivere ed anche morire.
Mai come oggi c’è necessità di immettere nella realtà il “sale di Cristo” ossia il messaggio di speranza portato da Lui. Esso supera la logica umana, qualificandoci in umanità, perché ci fa considerare l’uomo per quello che è: un giardino abitato da Dio e non una tetra palude pronta ad inghiottire tutto, insaziabile e senza Cielo. Cristo propone una nuova giustizia, superiore all’antica. In questa, la persona umana è posta al centro circondata dall’amore misericordioso di Dio.
Come il sale, posto sulle ferite disinfetta e risana, così i portatori di Cristo guariscono e ridanno speranza a quanti sono legati dalla sofferenza. La misericordia divina infatti non nasconde il male ma lo scova annientandone, attraverso un eccesso di amore, la capacità distruttiva.
I portatori di misericordia traggono la loro forza dalla perseveranza, dallo stare caparbiamente a contatto con realtà negative, proponendone con costanza altre di valenza evangelica. Simili alla capacità corrosiva del sale non arrendiamoci di fronte alla durezza o alla freddezza dell’ambiente in cui, a volte, possiamo imbatterci nella certezza che il messaggio divino di speranza, che portiamo in noi, intacca anche i cuori di ghiaccio e le realtà più disumane.
Forse che il sale non scioglie il ghiaccio, non intacca ogni materiale? Diamo tempo al tempo, perseverando nella testimonianza paziente e seria della speranza che portiamo in noi. Il messaggio passa attraverso di noi trasformando in meglio, in modo magari anche molto lento ma tuttavia profondo, la realtà umanamente più difficile.
Il messaggio evangelico, come il sale, conserva in noi la vitalità del nostro essere testimoni sottraendola al deterioramento del tempo: chi porta in sé Cristo è sempre attuale perché il suo insegnamento e la sua persona trascendono i secoli. Oggi come ieri la chiamata di Cristo, che non promette primi posti e ricchezze, affascina quanti si lasciano trasformare da Lui ossia dalla sua presenza capace sempre di dar sapore e freschezza alla vita.
Era, inoltre, costume degli Antichi, dopo aver a lungo combattuto ed espugnato una città nemica, seminare sulle rovine sale perché nulla potesse, eventualmente, crescere di ciò che apparteneva all’avversario. La stessa cura dobbiamo avere con noi stessi: lasciamoci salare da Cristo e restiamo in contatto con la sorgente che dà “sapore” alle nostre giornate ed alle nostre azioni così da bruciare sul nascere tutto ciò che può rendere meno pura e significativa la nostra testimonianza cristiana.
“… ma se il sale diventa senza sapore con che cosa lo salerete?”
Buona cosa il sale” Mc 9,50 dice Gesù e in altro passo afferma “Solo Dio è buono!” e ancora “abbiate sale in voi stessi” Mc 9,50 quasi a significare la realtà divina, che viene posta in noi e che, può essere persa, rendendoci insignificanti. Come può il sale cessare la sua funzione di salare?
Difficile per il sale marino meno per quello usato ai tempi di Gesù: il salgemma. Quest’ultimo veniva acquistato sotto forma di pietra coperta di cristalli del minerale salgemma. All’uso il sasso, coperto di cristalli di salgemma, veniva introdotto nella pentola per il tempo necessario ad insaporire la pietanza e poi veniva tolto e conservato per un uso successivo fino a che la pietra avesse perso tutti i cristalli, allora veniva eliminata come inutile. Chiediamoci quanta “pietra”, ossia quanta logica puramente terrena guida ancora la nostra vita? Quanto ci siamo lasciati trasformare in sale, accogliendo e facendo nostri i criteri di Cristo che ci permettono di leggere la realtà e di operare umilmente secondo misericordia e verità?
“… se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Mt 5, 13.
Se il cristiano non possiede in sé il Dio in cui crede, se non vive secondo i criteri evangelici che professa con la bocca, perde credibilità e rende attuale questa profezia perciò, oggi come ieri, sentiamo rivolta a noi questa esortazione: “Abbiate sale in voi stessi” Mc 9,50.
Solo così potremo guardare con fiducia al nostro lavoro, alla nostra missione, al futuro, al dispiegarsi dei nostri giorni nella costruzione, coi fratelli, di una pace difesa e perseguita nella verità e con misericordia. Buon cammino!

Sr. M. Rosangela Sala

 

La Parola della Madre – “PREGHIERA e AZIONE”  Periodico della Congregazione delle Suore dell’Immacolata – Dicembre 2009

Altre Riflessioni