Somiglia, la vicenda dell’ago, a quella della nostra vita: nati, naturalmente orientati a Dio, siamo frenati ed appesantiti dal contatto quotidiano con la terra. Il nostro orizzonte chiuso, piccolo, che rende pesante anche il nostro pensiero, diviene la gabbia entro cui vivere una vita dagli orizzonti evangelici ampi, che ci chiedono di andare oltre la razza, la cultura, la nazionalità … La libertà che ci dona il Vangelo, questa libertà che ci attrae, è troppo grande e scomoda perché ha il potere di liberarci il cuore dalle incrostazioni del tempo e dell’ambiente. La prospettiva di uno sguardo intenso e puro ci fa paura perché dove stiamo, nel cantuccio dove stiamo, sospirando magari qualche accomodamento che lo migliori, stiamo proprio bene. Il pericolo è arrugginire, prima o poi, senza aver individuato chiaramente, per noi e aver indicato ad altri, il Polo.
Abbiamo bisogno dell’acqua che ci rende leggeri e del sughero che ci mantiene a galla. L’acqua sgorga viva da Cristo fonte della Parola, dei Sacramenti, della carità. Ha una forza travolgente, decisa. Chi ha provato a vivere, per esempio, la carità, conosce quanto sia esigente ed impegnativa. Un cuore aperto non lo si improvvisa, lo si costruisce pazientemente con le scelte di ogni giorno. La carità può essere spazzata via, rifiutata come un’esigente tiranna che chiede sempre di più. Chi di noi non ha provato la stanchezza della solidarietà, dell’altruismo, della generosità, insieme alla tentazione forte di affievolire l’impegno evangelico?
Ecco allora la necessità del sughero, ossia della fede, che ci permette di solcare l’oceano della carità senza naufragare, di volgere al Polo della nostra vita senza fatica, di rimanervi fedeli nonostante le burrasche, tutte le burrasche, non solamente quelle della carità ma anche quelle che vengono dal male.
Diceva Lidia a Paolo: “Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa” Atti 16, 15b.
Chi è fedele al Signore, può aprire, a tutti, le porte del suo cuore e farsi accoglienza. Chi è fedele al Signore abita in una casa felice e libera e può dire con orgoglio e con umiltà: “Venite ad abitare nella mia casa”.
Chi è fedele al Signore, vive col Signore nella stessa casa, ecco perché è accogliente, benefico, gradito l’invito a fermarsi, ad entrare, a condividere la gioia di una Presenza che riempie ed illumina tutti e dura per sempre.
Lidia, nella sua saggezza, conosceva questa gioia e la sua esperienza si fa, per noi, messaggio incoraggiante, balsamo contro il dubbio, che è sempre in agguato, nel cammino di tutti coloro che si sono lasciati scegliere dal Signore e vogliono essergli fedeli.
Sr. M. Rosangela Sala
Articolo per il Periodico dell’Istituto: “Preghiera e Azione”