È chiara anche l’etimologia di traditore che proviene dal (tradere) latino = consegnare, portare.
È una figura che affascina e turba; e non può non farci sorgere la domanda perché Giuda? Che senso ha, l’avere, il Cristo scelto anche lui, averlo costituito con tutti i poteri alla pari di altri.
Mtt 10,1 “Chiamati a sé i dodici discepoli diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e di infermità “poi Gesù li inviò…”. Possiamo solo fare supposizioni desumendole dal testo sacro, Giuda era intraprendente, aveva talenti, una sua personalità, un suo modo di ragionare quello, cioè, che gli permette di commentare a Betania il fatto dell’olio, “Maria versa sui piedi di Gesù una libbra di olio profumato di vero nardo assai prezioso” Gv 12,1 – 8 Giuda velocissimo calcola per 300 denari il valore di quel dono.
Giuda non approva, anzi disapprova pubblicamente con un argomento logico: i poveri! L’aiuto ai poveri.
Gesù non era venuto per i poveri? L’aveva detto e ripetuto tante volte. È una tappa obbligata nella sequela Christi aiutare i poveri, dunque Giuda si sente in diritto, in dovere, si sente nel giusto, ragiona e critica perché non si sono aiutati i poveri? E si sdegna, ricorda Matteo. Giuda impone la logica del suo ragionamento a Maria, screditando, con una buona argomentazione, la sua azione davanti a tutti.
Giuda commette un piccolo errore: quell’olio non gli apparteneva; se fosse stato suo sarebbe stato libero di darlo ai poveri come desiderava, ma quell’olio non gli apparteneva era di Maria!
Giuda innalza se stesso a dominatore degli altri, la sua ragione su quella altrui; vorrebbe costringere gli altri a ragionare come ha ragionato lui. La sua interpretazione della realtà diventa l’unica possibile, quella giusta dimenticandosi che proprio in questo caso e delle proprie cose ognuno può fare quello che crede; infatti Gesù la difende e le dice: “lasciala fare”.
Non può non venirci in mente un altro episodio, una parabola; io mi chiedo se Gesù nell’intento di educare Giuda, di ragionare con Giuda , di discutere con Giuda, cosa che faceva con tutti e dodici, non abbia scritto questa parabola o l’abbia pronunciata proprio con questo intento per arrivare a lui: è quella del padrone che esce a ore diverse sulla piazza per chiamare operai alla sua vigna, e al termine del giorno, dà a tutti la stessa paga. Anche lì si ripete la stessa scena di scontento di chi, legato alla propria logica di confronto, si aspetta non quello che aveva concordato ma un di più. E la risposta: “Se io sono buono e decido di dare a loro come a voi, a voi che importa, avete ricevuto quanto è stato pattuito andatevene o non posso fare del mio ciò che voglio?
Giuda con la critica in nome della sua conclamata e presunta giustizia, in questo caso sociale (chiama in causa gli altri, i poveri; così come gli operai della vigna chiamano in causa la fatica, il calore, il peso della giornata come argomentazioni per un possibile aumento), Giuda commette il peggiore degli sbagli che un uomo può operare nei confronti di un altro uomo: quello di negargli la possibilità di usare la gratuità e la discrezionalità che appartiene a ciascuno di noi; di obbligarlo invece ad usarla come lui, Giuda, crede bene e crede giusto.
Giuda tratta Maria come una insensata e una sciocca, una sciocca sprecona (così come gli operai trattano il padrone come un negriero ingiusto che non riconosce, non tiene conto, disconosce la fatica e i sacrifici fatti.
E giuda annienta e disconosce la libertà che il Signore ha dato ad ogni persona: Maria deve pensarla come lui perché lui, ne è sicuro, possiede la verità. A Giuda non interessa Maria e neanche l’olio e, sappiamo, neanche i poveri ma gli interessa che sia avvalorata la sua idea. È uno strano trono quello che si costruisce Giuda in questo brano del vangelo, che costruisce proprio diffronte al suo Signore, diffronte a colui che ha detto di sé “io sono la via, la verità e la vita”