Le nozze di Cana
Dal brano del Vangelo di S. Giovanni: 2, 3-12
3 …Et, deficiente vino, dicit Mater Jesu ad eum: «Vinum non habent». Et dicit ei Jesus: «Quid mihi et tibi, mulier? Nondum venit hora mea». Dicit mater eius ministris: «Quodcumque dixerit vobis, facite»…
12 …Hoc fecit initium signorum Jesu in Cana Galileae et manifestavit gloriam suam, et crediderunt in eum discipuli eius.
POTENZA DI INTERCESSIONE DI MARIA SANTISSIMA
Si legge in S. Giovanni, al capitolo secondo, che in quel tempo si celebrò un convito di nozze in Cana di Galilea, a cui fu invitata la SS. Vergine e anche Gesù con i suoi discepoli. Nel più bello del convito venne a mancare il vino; Maria, accorgendosi di tale inconveniente, disse a suo Figlio: «Figlio, questi sposi non hanno più vino» – «Vinum non habent» – intendendo con ciò che il Figlio provvedesse a quel bisogno. Ma Gesù rispose in tono grave e deciso: «Che importa a te, o Donna, e a me, se questi non hanno più vino? Non è ancora giunta la mia ora». Maria, però, non si perdette d’animo e, sicura che il Figlio avrebbe assecondato il suo desiderio, comandò ai servitori che stessero attenti e facessero tutto ciò che avrebbe detto loro suo Figlio.
Vi erano lì sei anfore di pietra per la purificazione dei Giudei, ciascuna delle quali conteneva due o tre metrete. Poco dopo Gesù disse loro: «Riempite di acqua le anfore». Quelli le riempirono fino all’orlo, «Attingetene – soggiunse Gesù- e portatene al capo del convito». Essi così fecero. Quando il maestro di tavola ebbe assaggiata l’acqua diventata vino, non sapendo donde venisse quel vino, benché lo sapessero bene i servi che glielo avevano portato, chiamato lo sposo gli disse: «Come? Gli altri sono soliti dare prima il vino buono e, dopo che si è bevuto abbastanza, offrono quello di qualità inferiore; voi, invece, avete serbato il migliore fino ad ora». Questo prodigio, fatto da Gesù in Cana di Galilea, fu il primo di tutti quelli che Egli operò nel corso della sua vita e nel quale manifestò la sua gloria, per cui i suoi discepoli credettero in Lui.
Esaminiamo, oggi, le circostanze che accompagnarono questa miracolosa conversione dell’acqua in vino, operata dall’amatissimo nostro divin Salvatore al convito nuziale, con quattro importanti considerazioni che faremo a nostro spirituale profitto.
Considereremo: 1) la premura di Maria nel provvedere ai nostri spirituali bisogni e la grande confidenza che noi dobbiamo sempre avere nel potente suo patrocinio;
2) la giusta riconoscenza che per questo noi le dobbiamo;
3) la compiacenza che dobbiamo provare nel vedere Gesù riconosciuto per vero Figlio di Dio;
4) lo zelo che dobbiamo avere perché Egli, come tale, sia adorato, lodato e benedetto da tutti.
Pochi giorni dopo che Gesù ebbe dato inizio alla sua predicazione, si diresse da Genezaret verso settentrione con quattro discepoli, già chiamati a sé a Betania, e, salendo nelle vicinanze del Giordano, venne a Cana di Galilea. In questa città si celebrava, in quei giorni, un convito di nozze ed i sacri commentatori dicono che lo sposo era Simone, figlio di Cleofa, fratello di Giuseppe: quel Simone che fu poi Apostolo detto appunto Cananeo, dalla città di Cana di cui era oriundo.
In casa di questo Simone si trovava già la SS. Vergine, che si pensa fosse stata ivi chiamata alcuni giorni prima, essendo ella cognata dello sposo. Trattandosi di una così stretta parente, si suppone che lo sposo avesse affidata a lei la cura e la direzione della mensa. Certo non avrebbe potuto scegliere persona più attenta, più saggia e più prudente di Lei per un simile ufficio. Lo sposo, intanto, sapendo che era giunto in città Gesù suo cugino, si recò subito per invitarlo alle sue nozze.
Il buon Gesù accettò l’invito per due principali motivi: 1) Secondo S. Cirillo perché aveva stabilito, in cuor suo, di manifestarsi ai suoi discepoli per vero Messia in quell’occasione, con uno stupendo miracolo; 2) Secondo S. Agostino per dare a conoscere che Egli era veramente l’autore e l’istitutore delle nozze, santificandole e innalzandole, da quel momento, alla dignità di sacramento.
Mentre ognuno degli invitati stava assiso a mensa e attendeva a ristorarsi con quella modesta allegrezza e con quell’umile rispetto che si conveniva alla dignità dei personaggi ivi presenti, venne, nel più bello del convito, a mancare il vino. I servi, turbati per siffatta mancanza, non sapevano come provvedere al bisogno e già lasciavano trasparire il loro turbamento ed imbarazzo. Non avrebbero voluto che alcuno dei commensali si accorgesse dell’incidente, per risparmiare ogni rossore ai loro padroni, ma non sapevano proprio che fare. Maria, però, accortasi prima di tutti di una tale deficienza, si rivolge subito a suo Figlio con brevi ma dolci ed efficaci parole e gli dice: «Questi sposi non hanno più vino, Figlio mio». O avvedutezza, o bontà, o amore di Maria! Nessuno dei convitati osserva né intende i cenni turbati, i moti confusi, il sommesso parlare dei servitori in tale circostanza: nessuno si avvede, nessuno coglie lo smarrimento degli sposi. Maria sola è sollecita, tutto vede, tutto comprende; senza che alcuno parli, o la preghi, o le si raccomandi, Ella, vedendo il bisogno, si muove a compassione e si impegna presso il suo divin Figlio perché provveda al necessario. «Vinum non habent».
Chi non vede in questa amantissima Madre un cuore tutto tenerezza nel compassionare e tutto pietà nel provvedere alle nostre miserie, specialmente a quelle dell’anima? Mie dilettissime. Maria conserva nel Cielo quel buon cuore che aveva sulla terra. Anzi, essendo lassù, dove la carità raggiunge la sua perfezione, è ancora maggiore (dice S. Bonaventura) la pietà e la misericordia di lei. Quante volte da lassù Ella fa per noi il pietoso ufficio che fece alle nozze di Cana di Galilea per quegli sposi mancanti di vino! Quante volte Ella, vedendo i nostri bisogni, li presenta al trono del suo Figlio ed, esponendogli le nostre necessità, lo prega di provvederci!
«Vinum non habent». «Non ha vino, o mio Figlio, quella religiosa: non ha vino di umiltà, di pazienza, di rassegnazione ai vostri divini voleri nelle contrarietà con cui talvolta la visitate. Quell’altra religiosa non ha spirito di mortificazione, di carità e di obbedienza, non ha fervore nell’orazione, non ha rispetto ai sacri Ministri, non ha fede per i divini misteri». A queste e simili suppliche di Maria ci sentiamo noi quasi insensibilmente mutare i sentimenti del cuore e divenire ben diversi da quelli di prima! Non è vero, forse, che tante, tantissime volte, trovandoci noi alquanto turbati, inquieti e stanchi, dopo una semplice preghiera innalzata a Maria o un semplice sguardo rivolto a qualche sua immagine e, talvolta, anche senza nulla di ciò, ci sentiamo subito rasserenati? Da dove credete voi che provenga ciò se non da Maria che, presso suo Figlio, tratta di continuo la nostra causa, prega per noi e per noi intercede? È pur vero quello che disse S. Bernardo: se c’è in noi qualche cosa di buono e di meritevole, lo dobbiamo interamente all’interessamento di Maria. S. Fulgenzio non dubitò di asserire che se il mondo sussiste e non è ancora crollato dalle fondamenta, è perché Maria lo sostiene con le sue potenti preghiere.
Chi sarà dunque tra di noi, o mie Suore, che non sentirà in cuore una viva riconoscenza verso una così pietosa Vergine per le tante grazie da Lei ricevute? Chi non cercherà di dimostrarle la propria gratitudine onorandola costantemente e imitando le sue virtù? Chi non imparerà a confidare nel validissimo suo patrocinio e a rivolgersi a Lei in ogni maggior bisogno? Possiamo, forse, noi temere che il Signore non voglia esaudire le suppliche di questa prediletta sua Madre?
Torniamo al convito. Esposta che ebbe la SS. Vergine a suo Figlio la mancanza del vino con quelle dolci parole: « Vinum non habent », Gesù rispose: «Che importa a me ed a voi, o Donna, che questi non abbiano vino? Non è ancora venuta la mia ora», cioè, spiegano i commentatori, non è ancora giunto il tempo che io manifesti la mia divinità. Questa risposta, come voi vedete, sembra un po’ dura e contraria a quella dolcezza che era propria di Gesù e a quel filiale rispetto che Egli portava alla sua degnissima Madre, ma in Gesù tutto è singolare e misterioso. Egli non era solamente vero Figlio di Dio, era stato generato da tutta l’eternità in Cielo dal Padre senza Madre, così come in terra era nato nel tempo da Madre senza Padre. La generazione, che vantava ab aeterno dal divin Padre, era infinitamente superiore a quella che aveva avuto in terra dalla Madre.
In quella occasione, Egli volle far conoscere queste sue diverse generazioni affinché se, in virtù della seconda, lo vedevano uomo, in virtù della prima lo credessero soprattutto Dio. Siccome il miracolo del cambiamento dell’acqua in vino, che Maria richiedeva, non poteva operarlo come uomo ma come Dio, chiama Maria «donna» e non «Madre», per lasciar comprendere che la sua divinità Egli non l’aveva derivata da Lei e che pertanto, in quanto Dio, Ella non faceva parte con Lui.
Maria intende pienamente il linguaggio del Figlio e non si sgomenta per la severa risposta, anzi, sicura che sarebbe stata esaudita, chiama i servi e dice loro che stiano bene attenti a fare ciò che avrebbe detto loro Gesù. Infatti, poco tempo dopo Gesù, benché avesse detto che non era ancora arrivata la sua ora, grazie alle preghiere di sua Madre, non esita ad operare il miracolo. O potenza dell’intercessione di Maria! Gesù dice che non è ancora tempo di operare prodigi, Maria soggiunge che gli sposi non hanno più vino e tanto basta perché questo tempo, predeterminato nei divini decreti per far conoscere la sua onnipotenza, si abbrevi, si anticipi e si consideri come già venuto.
S. Giovanni Crisostomo dice che Gesù esegue per ubbidienza questo miracolo, che non sarebbe ancora stato tempo di fare. Dopo ciò, chi non darà ragione a S. Bernardino da Siena, il quale afferma che tanta è la potenza della voce di Maria che non solo a lei si sottomettono ubbidienti tutte le creature, ma anche lo stesso Dio? S. Bonaventura sostiene che è così grande il merito della Vergine Immacolata presso Dio, che non può da Lui ricevere alcun rifiuto.
Se è così, qual fiducia non si deve risvegliare in noi per ottenere dal Padre delle misericordie ogni aiuto e ogni grazia mediante l’intercessione di una tale avvocata? Confidiamo, dunque, nel patrocinio di questa grande Vergine e a Lei rivolgiamoci in ogni nostro bisogno, perché Ella è potente presso il Signore e, se Ella ci protegge, se per noi prega, se per noi intercede, noi siamo sicuri – dice S. Anselmo – di essere salvi.
Per impegnare però Maria a proteggerci e ad interessarsi di noi, sapete che dobbiamo fare, o mie dilettissime? Dobbiamo cercare di mettere in pratica ciò che disse Ella stessa ai servi del convito nuziale in Cana di Galilea: «Se volete – disse a quei servi – avere il vino che vi manca, state attenti ad eseguire ciò che vi verrà comandato da mio Figlio». Questa è la condizione che Ella richiede da noi, se vogliamo godere della validissima sua protezione: mostrarci disposti ad ubbidire ai voleri di Dio, che ci vengono manifestati dalla divina legge e per bocca dei nostri Superiori. Senza questa convinzione, Ella non s’impegna per noi e noi non possiamo attendere grazie dal suo patrocinio.
Volere che Maria SS. ci soccorra nelle nostre necessità, che ci consoli nei nostri travagli, volere che esaudisca favorevolmente le nostre suppliche e non volere, poi, deporre quel nostro capriccio e soffocare quel nostro cattivo desiderio, non voler trattare con affabilità il nostro prossimo, non voler correggere la nostra cattiva inclinazione di contristarci a vicenda e di intrigarci in ciò che non dobbiamo, non voler contrastare la nostra volontà adattandoci a fare ciò che l’ubbidienza ci impone e la santità del nostro stato ci comanda, significa volere che la Vergine, nel dispensare le sue grazie, assuma un atteggiamento contrario a quello che Ella stessa dimostrò pubblicamente in Cana di Galilea al convito di nozze, pronunciando le parole: «Fate tutto quello che Egli vi dirà». Questa, forse, è la principale ragione per cui tante volte si domandano grazie a Maria e non si ottengono: perché si domandano senza essere disposti a fare quello che il dovere di un buon cristiano, di una buona religiosa e di una vera seguace di Cristo richiede.
Disinganniamoci, pertanto, mie dilettissime, e impariamo a confidare in Maria, gran Madre di Dio, in ogni nostro bisogno, ma procuriamo di guadagnarcene l’efficacissima protezione con una vita osservante ed esemplare. Allora proveremo i meravigliosi effetti come li sperimentarono i fortunati sposi di Cana, perché ai cenni di Maria Gesù non resiste anche se dovesse, per provvedere alle nostre necessità, operare portentosi miracoli.
Vi erano, nella sala del convito di Cana di Galilea, sei idrie di pietra ivi preparate per la purificazione, ossia per la lavanda delle mani che erano soliti fare gli Ebrei prima di mettersi a tavola; ciascuna di esse conteneva due o tre metrete. Ora, quando Gesù seppe dalla sua Santissima Madre che gli sposi non avevano più vino, comandò ai servi, che dovevano essere lì pronti per essere stati già avvisati da Maria, di riempire d’acqua quei vasi fino all’orlo, ed essi fecero subito ciò.
Gesù, dopo averli benedetti, disse: «Adesso attingete e portatene al maestro della mensa». Quando il capo del convito ebbe assaggiata l’acqua convertita da Gesù in vino, non sapendo dove venisse quel liquore, benché lo sapessero bene i servi che l’avevano preparato, chiamato lo sposo, gli disse: «Come mai, mentre gli altri sogliono mettere in tavola prima il vino buono e quando i commensali sono esilarati ne offrono di qualità inferiore, voi, invece, avete serbato il vino buono fino a quest’ora?». Allora i servi palesarono quello che era successo e tutti, stupefatti per il grande prodigio operato da Gesù nel convertire in ottimo vino tutta quella quantità d’acqua che era nelle idrie, credettero in Lui, riconobbero la sua divinità e la sua onnipotenza: lo riconobbero come Messia e, tutti pieni di gioia e di riconoscenza, benedicevano Lui e la sua virtù e, lasciata ogni cosa, gli sposi stessi si diedero alla sua sequela: lo sposo, cioè, entrò nel numero dei suoi discepoli e la sposa si diede alla sequela della SS. Vergine, cioè fu quella Maria di Cleofa che andò con Maria Maddalena e Salome a visitare per tempo il santo sepolcro di Gesù.
Noi pure felici, mie Suore, se, riconoscendo Gesù per nostro divin Salvatore, ci mostreremo a Lui grati e riconoscenti e sapremo davvero seguire i suoi passi e praticare i suoi esempi. Chi segue Gesù è sicuro di non mettere il piede in fallo, di non correre vie di morte e di peccato e che avrà un lume soprannaturale di gloria che lo guiderà sui buoni sentieri che conducono infallibilmente alla beatitudine eterna del paradiso: « Qui sequitur me, non ambulat in tenebris, sed habebit lumen vitae ».
Amen.